venerdì 31 Ottobre 2025

Il mondo dell’intermediazione assicurativa in primo piano

SCALA: «ECCO GLI OBIETTIVI DEI LLOYD’S IN ITALIA». E PRECISA: «NESSUNA INTENZIONE DI SMETTERE DI SOTTOSCRIVERE I RISCHI E DI LIMITARE L’ATTIVITA’»

Il country manager e rappresentante generale dei Lloyd’s per il nostro Paese spiega in questa intervista cosa intende fare nel 2020. E le novità riguardano anche la rete di distribuzione…

 

Vittorio Scala

Riavvicinarsi ai coverholder e ai corrispondenti, rendere più efficienti i servizi offerti e concludere il piano di revisione della rete di distribuzione, avviato due anno fa. Così, dopo il ciclone Brexit, Vittorio Scala, country manager e rappresentante generale dei Lloyd’s per l’Italia, vuole rilanciare il mercato. Di questo e di altro parla in questa intervista concessa a Tuttointermediari.it ed è l’occasione per spegnere una volta per tutte qualche voce che si è diffusa negli ultimi tempi: «i Lloyd’s non hanno nessuna intenzione di smettere di sottoscrivere i rischi, né di limitare la propria attività. Siamo “vivi”», tiene a precisare.

Domanda. Che anno è stato il 2019 per Lloyd’s Italia?

Risposta. In linea generale per noi è stato l’anno nel quale è divenuta operativa la nuova compagnia dei Lloyd’s con sede a Bruxelles, conseguenza dell’effetto Brexit. È stata una operazione che qualcuno dall’esterno ha sottovalutato considerandola come un semplice passaggio operativo; nella realtà non è stato assolutamente così perché comunque è stata costituita una compagnia ex novo e che doveva essere pronta dall’1 gennaio 2019. Non solo. Diversamente da una compagnia tradizionale, la nuova struttura doveva “accogliere” qualcosa come 6-7 miliardi di euro di premi nel giro di un anno e dunque tutte le relative infrastrutture non potevano essere quelle di una semplice “start up”. È stato fatto quindi un grande sforzo anche a causa di tempistiche molto strette. Alla fine, il bilancio 2019 di questa operazione è stato molto positivo, andando oltre le aspettative. Anche il nostro Paese, ovviamente, è stato coinvolto e già dalla metà del 2018 si è dovuto concentrare in tal senso per adeguarsi al nuovo modello. Per esempio abbiamo dovuto rivoluzionare tutto il nostro sistema di presentazione delle gare, che prima venivano inoltrate in nome e per conto dei sindacati mentre oggi si fa riferimento ai Lloyd’s come compagnia. Alla fine, il grosso lavoro di preparazione ha pagato anche se…

D. ..Anche se?

R. …questa situazione ci ha portato, nostro malgrado, a essere un po’ meno presenti sul mercato italiano a livello di business development e di rapporti con i nostri corrispondenti e coverholder. Del resto dovevamo essere certi che a livello amministrativo, organizzativo e operativo tutto funzionasse bene per continuare a fornire il servizio. E su questo ci siamo concentrati.

D. Quale è stato l’impatto sulla raccolta premi?

R. Alla fine del 2018, visto le problematiche che avremmo dovuto affrontare e con la consapevolezza che avremmo potuto dedicare meno tempo allo sviluppo, avevo previsto un budget in lieve decremento proprio per quanto riguarda la raccolta premi. Al 31 dicembre 2019 l’obiettivo è stato centrato, con una raccolta di circa 480 milioni di euro (380 milioni riferiti al diretto e 100 milioni alla riassicurazione) e una perdita che considererei assolutamente gestibile, di circa il 7%. Quanto abbiamo perso è stato più una conseguenza del lavoro che è stato fatto su a Londra con l’obiettivo di “pulire” il portafoglio con riferimento al business non profittevole. Quella che è mancata, invece, è stata l’attività legata al new business, che nei nostri piani avrebbe dovuto sopperire la perdita. Vorrà dire che recupereremo quest’anno.

La sede di Milano dei Lloyd’s

D. Il portafoglio continua a essere concentrato sulla Rc?

R. Sì, Rc professionale e anche Rc casualty, financial & professional, D&O e via dicendo…La nostra quota sulla Rc professionale è un po’ diminuita, ma è cresciuta quella riferita al Finpro ed Rc generale. Questo perché negli ultimi due – tre anni abbiamo puntato su quelle linee dove è apprezzata la specializzazione; oggi la Rc professionale non può più essere considerata un business specialistico, dal momento che sono ormai moltissimi gli operatori che la propongono…

D. E i settori marine e property, che in passato intendevate sviluppare maggiormente?

R. Il ramo marine, in Italia, ha risentito della politica di performance elaborata a Londra ed è risultata una delle linee di business dove i Lloyd’s hanno ridotto più portafoglio perché non profittevole; la diminuzione è stata di circa il 18%. Il settore property, invece, è cresciuto, ma l’incremento maggiore è stato riscontrato negli infortuni, altra linea di business su cui abbiamo puntato.

D. Usciamo per un attimo dai confini italiani. Il mercato dei Lloyd’s oltre a essere stato caratterizzato dal fattore Brexit ha vissuto un biennio poco felice con risultati negativi. Adesso come è la situazione? Il mercato si sta rimettendo in corsa? Come si muoverà in futuro? In quale direzione si sta andando?

R. Come ha fatto notare lei veniamo da due anni di risultati negativi e l’avvento nel 2019 del nuovo ceo John Neal ha avuto proprio l’obiettivo di disegnare una nuova strategia. Che oggi, per la verità, è abbastanza chiara. Innanzitutto si è cercato di eliminare il business non profittevole disdettando nel 2019 alcuni miliardi di euro, a livello mondiale, di portafoglio, che però sono già stati sostituiti da nuovo business con andamento tecnico più performante. L’obiettivo è quello di riportare la performance a numeri che sono tipici dei Lloyd’s, come per esempio una combined inferiore al 100%. In questo senso sono state fatte scelte dolorose ma necessarie, come la chiusura di alcuni sindacati e di linee di business. Oggi si stanno già vedendo dei risultati. In più, come ha sottolineato lei, c’è stato anche il fattore Brexit che comunque ha distratto energie e che ha avuto un peso.

D. Oggi la nuova strategia mondiale dei Lloyd’s su cosa fa leva?

R. Si basa su tre pilastri. Il primo è la performance, nel senso che bisogna tornare a fare business specialistico profittevole; il secondo pilastro riguarda la modernizzazione del mondo Lloyd’s; il terzo è un cambiamento di cultura.

D. Rientriamo in Italia. Che peso ha il nostro Paese nel mondo Lloyd’s?

R. Nel diretto l’Italia è al primo posto in Europa e in quinta posizione a livello mondiale dopo Stati Uniti, Uk, Canada e Australia. Se consideriamo diretto e riassicurazione il nostro Paese è secondo in Europa dopo la Francia.

Un momento dell’intervista presso la sede di Milano dei Lloyd’s in corso Garibaldi

D. Gli obiettivi “italiani” per questo 2020?

R. Principalmente sono tre. Innanzitutto lo sviluppo di un piano di comunicazione e di vicinanza verso i nostri coverholder e corrispondenti. L’anno scorso, come ho affermato in precedenza, siamo stati un po’ assenti e quindi è nostra intenzione riprenderli per mano, spiegare bene i grandi cambiamenti in atto nel mercato Lloyd’s, la nuova compagnia a Bruxelles, le caratteristiche dei sindacati e i prodotti, cercando di dipanare tutti quelli che sono i dubbi eventualmente sorti in questo ultimo periodo. Il secondo obiettivo è quello di rendere più efficienti i servizi che oggi diamo e il terzo è concludere una operazione, lanciata due anni fa, di revisione della nostra rete di distribuzione. Mi soffermo su quest’ultimo punto, che vede un cambio di approccio: è nostra intenzione mantenere rapporti con quei partner che dimostrano realmente di voler crescere con i “nuovi” Lloyd’s.

D. Intende fare riferimento a chi, in questi anni, ha “sfruttato” il marchio Lloyd’s in maniera impropria?

R. Esattamente. In passato troppo spesso il nostro marchio è stato svalutato. E così abbiamo deciso di razionalizzare la rete.

D. Qualche numero?

R. Alla fine del 2016 avevamo circa 820 rapporti in essere. A fine 2019 erano 520, suddivisi fra 110 coverholder e 406 corrispondenti. Continueremo a far crescere maggiormente il business generato dai coverholder per aiutarli ad aumentare le binding authorities.

D. Dunque sarà più difficile diventare coveholder dei Lloyd’s?

R. Ribadisco: presteremo un’attenzione maggiore in termini di esperienza del coverholder e quindi a livello di underwriting. Una scelta obbligata se si vuole centrare l’obiettivo della performance di cui ho fatto riferimento prima. I coverholder saranno sotto la lente di ingrandimento anche a livello di risultati del loro binder. Dovranno dimostrare un certo tipo di esperienza nella sottoscrizione e non si terrà conto solo del potenziale commerciale. Ma ciò non significa che sarà più difficile diventare coverholder. Infatti stiamo lavorando a progetti per la semplificazione del processo di approvazione e le aziende che dimostreranno di avere tutti i requisiti otterranno lo status più velocemente in futuro.

D. In questi ultimi anni stiamo assistendo alla nascita di numerose agenzie di sottoscrizione. Come vede questo fenomeno?

R. Molti operatori considerano l’agenzia di sottoscrizione come una evoluzione dell’attività del broker. È come quando gli agenti diventavano broker continuando a operare come se fossero ancora iscritti alla sezione A. Credo, personalmente, che sia facile capire se una managing general agency si possa definire tale o no; basta guardare chi sono i dipendenti. Se sono underwriter provenienti da compagnie allora effettivamente si tratta di una Mga. Viceversa, cioè se ritroviamo agenti o broker, avrei qualche dubbio…L’agenzia di sottoscrizione non fa intermediazione, ma prende la capacità della compagnia, crea i prodotti e poi li distribuisce attraverso altri intermediari.

D. Quali sono i rischi su cui intendete puntare in futuro?

R. La grande famiglia della Rc comprende tutte le nuove professioni che hanno necessità di copertura e non sempre ci sono i prodotti ad hoc. Ci sono poi i rischi climatici, quelli legati al settore aerospaziale, i rischi legati ai prodotti parametrici, la Rc degli enti pubblici, gli infortuni. Paradossalmente anche l’auto, nel Cvt, annovera nuovi rischi se penso alle vetture elettriche, ai sistemi di sicurezza, alla digitalizzazione.

D. Cyber?

R. Siamo ancora all’inizio con la diffusione di queste coperture, almeno in Europa, rispetto al mercato americano che è molto più maturo. A ogni modo quello che vediamo a livello europeo è una maggiore domanda da parte delle grandi aziende, mentre le Pmi sono ancora ferme al palo. Io sono convinto che non c’è domanda perché il prodotto non viene ancora spiegato bene ai potenziali clienti. Il rischio, alla base, è percepito. Per questo noi stiamo cercando di fare molta education e cultura sul prodotto.

D. Lei guida i Lloyd’s in Italia da cinque anni e mezzo. È soddisfatto di quanto fatto?

R. Nel 2014, quando ho assunto l’incarico, ho basato tutta la mia strategia sull’ampliamento dell’offerta agli intermediari italiani da parte del mercato dei Lloyd’s perché ho sempre creduto che ci fossero potenzialità ancora inespresse da entrambe le parti. In altre parole ho fatto mia l’idea che l’ufficio italiano debba essere veramente il collettore tra il mercato londinese e la domanda degli intermediari. Sono molto soddisfatto di quanto fatto. La revisione di tutta la nostra rete sicuramente è stata una grande operazione che ha dato i suoi frutti e il fatto stesso che abbiamo ridotto quasi del 40% il network senza perdere premi è un aspetto positivo. Inoltre c’è da dire che in questi cinque anni e mezzo si sono avvicinate a noi molte realtà, sia sindacati, sia società di brokeraggio, che prima non operavano nel nostro Paese. Tutti i preparativi pre Brexit mi hanno lasciato un po’ di amarezza perché hanno rallentato, per forza di cose, la mia attività, ma c’è anche un aspetto positivo: ci siamo trovati di fronte a una sfida molto importante che era quella di rivoluzionare il mondo dei Lloyd’s. Tra 20 anni potrò affermare che io sono stato parte della prima compagnia Lloyd’s….E proprio in futuro potremmo sfruttare le nuove opportunità che derivano dal fatto di muoverci veramente come una compagnia a tutti gli effetti. Siamo appena nati però in prospettiva potrebbe rappresentare un nuovo ruolo che cambia completamente il mondo dei Lloyd’s.

D. Un messaggio agli intermediari italiani?

R. Mi preme fugare qualsiasi dubbio: i Lloyd’s non hanno nessuna intenzione di smettere di sottoscrivere i rischi, né di limitare la propria attività. Il mercato è “vivo” e l’esempio è la nascita nelle ultime settimane di tre nuovi sindacati riconducibili ad Aig, Marsh e Munich Re. Significa che il nostro nuovo modello è apprezzato…

Fabio Sgroi

© RIPRODUZIONE RISERVATA

IN COPERTINA