In occasione della recente presentazione dell’Annual Report 2019 del Cesia (Centro studi intermediazione assicurativa), il rappresentante generale per l’Italia di Cgpa Europe ha analizzato l’attuale momento con riferimento al mondo dell’intermediazione.
«Quale sarà l’impatto della pandemia da Covid-19 dal punto di vista degli intermediari assicurativi? Lo scenario che sta prendendo forma porta a pensare che ci siano le premesse per un cambiamento strutturale. Non solo in termini di domanda». Lorenzo Sapigni, rappresentante generale per l’Italia di Cgpa Europe, compagnia specializzata nella Rc professionale degli intermediari assicurativi, ha fatto il punto nel corso della presentazione dell’attività 2019 del Cesia (il centro studi intermediari assicurativi, iniziativa nata proprio da una iniziativa di Cgpa Europe), che si è tenuta qualche settimana fa in modalità digitale.
Per Sapigni, «la sensibilità ai rischi di individui e imprese è cresciuta, alimentata non solo dall’emotività (che potrebbe lasciar prevedere una sensibilità temporanea), ma anche dalla diffusa convinzione che, di qui in avanti, si debba convivere con l’esposizione al rischio di crisi pandemiche (con le relative necessità di protezione). Ci si può quindi attendere sia una domanda di tipo diverso, sia una domanda originata da soggetti fin qui rimasti fuori dal mercato assicurativo».
Queste due prospettive, quindi, richiedono nuove soluzioni di prodotto e consulenza. Ed è per questo che, secondo Sapigni, gli intermediari ricoprono un ruolo «centrale». Sul fronte dei nuovi prodotti», ha ricordato, «la Product oversight and governance (Pog), una delle novità introdotte della direttiva europea sulla distribuzione dei prodotti assicurativi (Idd) attribuisce agli intermediari un ruolo attivo nella definizione delle politiche commerciali e distributive delle compagnie. Quanto alla capacità di prestare consulenza, sappiamo che, da sempre, è una qualità distintiva degli intermediari e che, nel mercato del futuro, sarà la più potente arma da giocare nella competizione con gli altri canali. Il cosiddetto “new normal” pone agli intermediari, in quanto imprenditori, anche problemi che, fin qui, se non sconosciuti, non erano centrali, quanto meno per la maggioranza. La digitalizzazione, sia del funzionamento dell’organizzazione, sia delle attività rivolte ai clienti (non solo gestione della relazione, ma anche sviluppo business), è ovviamente accelerata nella fase del lockdown portando con sé la crescita del rischio cyber e delle sue possibili espressioni (danni alla reputazione, interruzione dell’operatività e costi collegati per il ripristino, controversie legali per la perdita nel controllo dei dati)».
In sostanza, l’emergenza sanitaria ha condotto gli intermediari professionali «in una terra incognita: per iniziare l’esplorazione è indispensabile rafforzare le conoscenze, cominciando da quelle tecnologiche e dai nuovi rischi. Per farcela, serviranno poi una combinazione di qualità umane, professionali e imprenditoriali che», ha concluso Sapigni, «agli intermediari italiani non fanno difetto».
Fabio Sgroi
© RIPRODUZIONE RISERVATA