L’istituto di vigilanza evidenzia il fenomeno delle polizze false e le insidie in quelle rilasciate da compagnie estere. Ma anche…
Non solo il quadro normativo di riferimento e i numeri in ambito assicurativo. Nel suo intervento, qualche settimana fa, presso la commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali a essi correlati, l’Ivass ha approfondito anche quelle che sono le criticità rilevate nel settore delle cauzioni.
Per operare nel settore dei rifiuti è necessario reperire una garanzia finanziaria o assicurativa da presentare alla Regione per accedere all’attività economica e avviare la discarica. Tenuto conto delle caratteristiche di questo tipo di garanzie (che comportano impegni di lunga durata e rischi complessi), banche e compagnie italiane sono molto caute e selettive nell’offrire queste protezioni.
A offrire le garanzie ci sono anche operatori esteri che operano in Italia in regime di libera prestazione di servizi, spesso a condizioni di polizza molto favorevoli e che, in più di una circostanza, si sono rivelate poco affidabili. Non mancano poi i casi in cui vengono fornite alle pubbliche amministrazioni vere e proprie polizze false.
In quest’ultimo caso, ha spiegato Stefano De Polis, segretario generale dell’Ivass, «vengono spesso contraffatte utilizzando il marchio e la denominazione sociale di imprese di assicurazione, in genere estere, regolarmente abilitate ma non concretamente operative. Questo modus operandi è particolarmente insidioso, perché consultando l’elenco delle imprese Ue tenuto dall’Ivass la polizza sembra riconducibile a un’impresa abilitata a operare in Italia e quindi valida. I casi di contraffazione vengono generalmente alla luce a seguito delle richieste di informazioni formulate all’Ivass dalle Pubbliche amministrazioni beneficiarie delle polizze che, per maggior prudenza, pur avendo rintracciato sul sito Ivass l’impresa di assicurazione nell’elenco, vogliono avere conferma della regolarità della garanzia».
La falsità è accertata dall’istituto di vigilanza con l’ausilio delle stesse imprese di assicurazione vittime della truffa e delle autorità di vigilanza estere. L’Ivass ne dà avviso al pubblico mediante comunicati sul sito istituzionale (dal 2013 a oggi sono stati 31 i comunicati emessi).
Secondo l’istituto di vigilanza, «potrebbe utilmente aiutare una adeguata formazione e attenzione del personale delle amministrazioni beneficiarie delle garanzie. Andrebbero adottati strumenti idonei a prevenire situazioni di commistione o corruzione, ma anche scoraggiati atteggiamenti volti a considerare le garanzie alla stregua di meri documenti formali da allegare a una pratica».
Per quanto riguarda le polizze rilasciate da compagnie estere sono due le fattispecie riconducibili all’operatività di queste imprese nelle quali l’Ivass ha rilevato delle criticità.
«La prima è il ricorso a polizze emesse da compagnie con sede legale in un altro Stato membro abilitate a operare in Italia, ma di proprietà o comunque riconducibili a soggetti italiani (compagnie cosiddette estero-vestite)», ha affermato De Polis. «Nei casi venuti all’attenzione dell’Ivass, tali soggetti italiani avevano sfruttato giurisdizioni Ue di minore “rigore” per costituirvi imprese di assicurazione di proprietà e poi tornare a operare in Italia, con minori vincoli, nel settore delle polizze fideiussorie attraverso il sistema del passaporto unico. In passato sono state adottate dall’Ivass misure amministrative di contrasto di tali attività, che non sempre hanno avuto l’avallo della magistratura amministrativa, per la presenza di un quadro normativo europeo connotato da profili di complessità anche sul piano interpretativo e applicativo».
La seconda fattispecie riguarda «il rilascio di garanzie da parte di imprese estere non riconducibili a soggetti italiani, le quali si avvalgono di una rete di distributori nazionali. Tali distributori sono per lo più broker, a cui le compagnie di assicurazione estere conferiscono di norma ampie deleghe/poteri di sottoscrizione degli affari, di fatto lasciandoli liberi di rilasciare le fideiussioni a richiesta; ciò, spesso, anche per la sostanziale incapacità delle imprese estere, e delle competenti autorità di vigilanza, di valutare i profili di rischio dei mercati in cui decidono di operare».
Negli ultimi anni sono state diverse le compagnie estere operanti in Italia nel settore cauzioni che, secondo questo business model, sono fallite o sono state poste in liquidazione. Tra queste Gable Insurance Ag (Liechtenstein), Cblie (Irlanda), Alpha Insurance (Danimarca) ed Elite Insurance company (Gibilterra). Altre imprese sono state sottoposte a misure di rigore dall’autorità di vigilanza dello Stato membro di origine: Ambac Assurance Uk Limited, Nadejda (Bulgaria) e Cig Pannonia (Ungheria).
Ulteriori elementi di criticità sono stati evidenziati dall’Ivass nell’esercizio della sua funzione di analisi e di trattazione dei reclami. «Con riferimento alle imprese italiane, nessuna delle 67 istruttorie avviate nel 2019 a seguito della contestazione della mancata e/o tempestiva esecuzione dei contratti del ramo cauzioni ha riguardato la condotta di società impegnate nello smaltimento di rifiuti urbani o industriali», ha precisato De Polis. «Anche per quanto concerne i reclami relativi alle imprese estere (37 nel 2018 e 30 nel 2019), che in maggioranza hanno riguardato il tema generale della mancata e/o tempestiva esecuzione dei contratti del ramo cauzioni, solo una piccola parte (3 in totale) ha interessato la condotta di società impegnate nello smaltimento di rifiuti. Dall’analisi di questo ultimi fascicoli, è stato, fra l’altro, possibile evincere che il rifiuto all’escussione della cauzione, ove motivato con riguardo ai presupposti di operatività della garanzia, è destinato a sfociare normalmente in lunghi contenziosi».
Facendo un esame complessivo di questi reclami, il presupposto è che, «pur nei differenti ambiti di operatività, i tratti essenziali delle polizze cauzioni a prima richiesta a garanzia della corretta esecuzione di appalti presentano profili di analogia, quanto a struttura e caratteristiche, con quelle riferite nello specifico al settore della gestione dei rifiuti».
Gli elementi di criticità principali emersi sono l’indeterminatezza delle clausole contrattuali e l’atteggiamento delle imprese volto a strumentalizzare opacità e tecnicismi del testo contrattuale al fine di negare o ritardare l’escussione della garanzia assicurativa prestata.
«In linea generale, e a prescindere dalla circostanza che si tratti di imprese italiane o estere, emerge che la clausola di escussione a prima richiesta, in assenza di una regolamentazione che ne perimetri con maggiore chiarezza i contorni obiettivi, non garantisce necessariamente la certezza del pronto incameramento della cauzione da parte dell’ente pubblico beneficiario», ha affermato De Polis. «Questa prassi si pone in contrasto con il naturale regime di operatività della clausola a prima richiesta e con la ragion pratica per cui la stessa è inserita all’interno delle polizze del ramo cauzioni, che è quella di dare giuridica rilevanza alla centralità del diritto dell’ente pubblico, quale beneficiario dei contratti nel settore in questione, a conseguire una garanzia da parte delle imprese assicuratici tempestiva, pronta e piena».
Fabio Sgroi
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