Il past president di Anapa Rete ImpresAgenzia indica la strada: «Una volta giunte alla loro naturale scadenza o al verificarsi dell’evento premorienza andrebbe intrapresa un’attività di verifica dei beneficiari designati, magari favorendo l’indicazione di beneficiari specifici. Sarebbe un’attività di alto valore professionale e una buona occasione con interessanti risvolti commerciali».
Anche gli intermediari possono svolgere un ruolo attivo nell’ambito della questione che riguarda le polizze vita dormienti. Ne è convinto Massimo Congiu (nella foto), past president di Anapa Rete ImpresAgenzia. L’indagine condotta recentemente dall’Ivass, ricorda Congiu, «ha fatto emergere un dato impressionante, cioè un tesoretto da 190 miliardi di euro, 4 milioni di polizze giunte a scadenza per le quali le compagnie non sanno se i beneficiari sono vivi o deceduti, ovvero non reclamano la riscossione del capitale perché non sanno di esserne beneficiari».
Per l’agente di Roma «sarebbe ingiusto che queste somme venissero incamerate dallo Stato o che rimanessero altro tempo nelle casse delle compagnie». Cosa possono fare gli intermediari assicurativi tradizionali? «Da un lato, chiedere al Governo una ulteriore proroga dei termini di decadenza del beneficio di incasso, dall’altro, attivarsi per rintracciare i beneficiari designati in collaborazione, per esempio, con l’ordine dei notai, degli enti locali, dell’istituto di vigilanza e delle imprese. Per evitare che questi fenomeni possano ripetersi per le polizze vita vigenti», sostiene Congiu, «una volta che saranno giunte alla loro naturale scadenza o al verificarsi dell’evento premorienza andrebbe intrapresa un’attività di verifica dei beneficiari designati, magari favorendo l’indicazione di beneficiari specifici (i beneficiari generici rappresentano il 75% tra quelli indicati nelle polizze vita). Sarebbe un’attività di alto valore professionale e una buona occasione con interessanti risvolti commerciali».
Fabio Sgroi
© RIPRODUZIONE RISERVATA