Il presidente dell’Unione Europea Assicuratori: ««La differenza, per i cittadini, la farà la nostra capacità di stimolare le compagnie a evolvere in termini di prodotti e servizi, ma soprattutto di proporre agli assicurati una visione olistica, globale, del concetto di salute e delle esigenze a esso correlate».
Il 46esimo congresso nazionale dell’Unione Europea Assicuratori, che si è tenuto qualche settimana fa a Matera, ha trattato il tema del welfare focalizzandosi sui bisogni di protezione, che mutano in relazione al contesto sociale e demografico e che richiedono un nuovo ruolo e nuove competenze, per l’intermediario assicurativo professionale.
L’associazione presieduta da Roberto Conforti ha organizzato, in particolare, un convegno specifico (nella foto in alto) la cui apertura dei lavori è stata affidata a Giuseppe Tancredi, delegato distrettuale di Uea, che ha tracciato il quadro generale di crisi demografica, disoccupazione, arretramento dello stato sociale e tagli alla spesa pubblica, che determina disparità sociali e anche la rinuncia alle cure da parte di un numero sempre crescente di persone.
Queste riflessioni, si legge in una nota di Uea, hanno consentito l’avvio di una disamina approfondita, grazie all’intervento di Enea Dallaglio, amministratore delegato di Innovation Team, che ha posto l’attenzione non solo sugli aspetti quantitativi (la crescita vicina al 7% della spesa sociale sostenuta direttamente dalle famiglie, mediamente 5.600 euro, pari al 18,6% del proprio reddito netto), ma anche su quelli qualitativi. «Non possiamo guardare il welfare solo in termini di “ritirata” del pubblico», ha detto Dallaglio. «I nuovi consumi sono lo specchio di una trasformazione sociale di grandi proporzioni e portano all’emergere di nuovi bisogni. Oggi quattro famiglie su dieci sono monocomponente o con un genitore solo, ciò espande enormemente la domanda familiare di servizi che non appartengono alla gamma tradizionale delle prestazioni pubbliche. Inoltre è in corso un cambiamento senza precedenti degli stili di vita, centrato sui valori della salute e della qualità della vita, che genera una crescita impetuosa della domanda di servizi di prevenzione».
Un nuovo concetto di salute, quindi, non più incentrato sull’assenza di malattia, ma sul benessere, welfare appunto. Nuovi bisogni che richiedono anche nuove professionalità, come ha spiegato Luca Cattani, ricercatore del dipartimento di Scienze economiche dell’Università di Modena e Reggio Emilia, citando i possibili scenari di sostituibilità del fattore lavoro in conseguenza dei processi di automazione, ma anche gli effetti indiretti e compensativi del cambiamento tecnologico che molto spesso controbilanciano la riduzione di posti di lavoro creandone di nuovi.

Anna Moles, ricercatrice Ibcn-Cnr e direttrice scientifica di Genomnia, ha approfondito il tema della medicina personalizzata, cioè «della possibilità di identificare la vulnerabilità di una singola persona alle malattie comuni, di misurarne il livello di rischio, di personalizzare la terapia in base alla costituzione genetica e di offrire nuove opzioni terapeutiche basate sulla interazione dei farmaci con nuovi bersagli molecolari». Proprio l’utilizzo di modelli poligenici di rischio sta aprendo prospettive nella possibilità di prevedere quale sia la possibilità di un individuo di ammalarsi.
Nel momento in cui la patologia si verifica diventa cruciale sfruttare il progresso scientifico e tecnologico per migliorare le condizioni di vita dei pazienti cronici, per esempio. «La Fondazione Cluster Tav», ha spiegato Cristina De Capitani, primo tecnologo del Cnr, «lavora per creare gli ambienti di vita del futuro, rendendoli intelligenti, al servizio dell’utente, costruiti e caratterizzati intorno alle peculiarità del soggetto. Tecnologie di monitoraggio, allerta e supporto, diventano centrali nella possibilità di supportare il paziente cronico tanto nella vita quotidiana quanto nella facilitazione di un percorso terapeutico domiciliare».
In questo scenario, cosa può fare l’intermediario professionale? «Noi agenti di assicurazione dobbiamo farci promotori di una evoluzione del nostro ruolo, da venditori di polizze a gestori dei rischi e dei bisogni di protezione di individui e famiglie», ha concluso Conforti, presidente di Uea. «La differenza, per i cittadini, la farà la nostra capacità di stimolare le compagnie a evolvere in termini di prodotti e servizi, ma soprattutto di proporre agli assicurati una visione olistica, globale, del concetto di salute e delle esigenze a esso correlate. E tutto questo, ricordo ai colleghi, è semplicemente un obbligo. La Idd ci impone, infatti, di individuare i bisogni (espressi e non) delle persone e di cercare soluzioni che rispondano al loro migliore interesse. In sostanza ci chiede di esercitare attivamente il nostro, insostituibile, ruolo sociale». (fs)
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