venerdì 10 Ottobre 2025

Il mondo dell’intermediazione assicurativa in primo piano

MELIS A RUOTA LIBERA SU: GANT, AGIT, SNA, DEMOZZI, ANAPA, IL SUO PASSATO, ERRORI E RIMPIANTI. E PARLA ANCHE DELLA SUA NUOVA ESPERIENZA: DA BROKER

Lo “storico” intermediario sardo, che nel 2017  compirà 70 anni, ha accettato (non senza riserve…) l’invito di tuttointermediari.it a ripercorrere i suoi trascorsi e non solo. Un “viaggio nel tempo” con un ex sindacalista e un ex presidente di gruppo che  spesso è riuscito ad “anticipare” le dinamiche del mercato assicurativo.
 

pietro-melis-2Diciamo subito che non è stato semplice convincere Pietro Melis (foto a lato) a rilasciare questa intervista. «Ma di cosa parliamo? Io sono uscito dal giro…cosa devo raccontare?». Alla fine tuttointermediari.it riesce a strappargli un «va bene» e alla fine l’intervista va in porto. In realtà l’intermediario sardo ne avrebbe di cose da dire, dall’alto della sua esperienza: il suo approccio è nel campo navale e industriale, poi inizia l’attività di intermediazione assicurativa nel 1987. Dal 1997 al 2009 riveste la carica di presidente del Gruppo agenti Nuova Tirrena (Gant) e dal 2009 al 2014 ricopre il ruolo di presidente del gruppo Agenti Groupama Italia (Agit). Ma vanta anche una carriera sindacale: dal 2004 al 2010 è componente dell’esecutivo nazionale Sna di cui è anche vice presidente dal 2009 al 2010. Per un certo periodo ricopre anche la carica di presidente del comitato dei gruppi agenti aderenti a Sna. Insomma uno che sa il fatto suo.

Da una manciata di settimane ha lasciato la sezione A del Rui per passare alla B: da agente a broker. Perché ancora ha tanto da fare. L’unico ostacolo? «È evidente che l’età è un elemento di stanchezza», dice a tuttointermediari.it. «Io, però, non mi sento mentalmente stanco. Sento che il mio fisico ha qualche problema, ma è dovuto all’età e a qualche acciacco che inevitabilmente si presenta. Mi devo concentrare per frenarmi, molte volte mi dimentico dell’età, dell’infarto dell’anno scorso e mi viene voglia ancora di progettare, di fare, poi mi rendo conto che non reggerei più i ritmi che ho retto fino a due anni fa». Poi si decide di partire con le domande e lui risponde su tutto.

Domanda. Dopo tanti anni di attività come agente, da poche settimane si è iscritto alla sezione B del Rui. Come mai ha deciso di fare il broker?

Risposta. È il completamento di un progetto societario messo in piedi da tempo, in collaborazione con mio figlio Pierpaolo. Noi abbiamo tre società: la Melis Intermediazioni srl, che funge da capogruppo ed è iscritta alla sezione A del Rui, la Melis & Partners srl, anch’essa iscritta in A, e la Promeritum Melis Insurance Broker srl, iscritta in sezione B, di cui sono il rappresentante legale. La mia è stata una decisione anche legata all’età, dal momento che il “defunto” ANA consente alle compagnie di poter fare a meno di quegli agenti che hanno compiuto il 68esimo anno di età. La finalità di Promeritum non è solo quella di svolgere l’attività di intermediazione assicurativa, ma anche quella di premiare i nostri collaboratori più meritevoli e renderli partecipi dell’assetto societario.

D. Insomma proseguirà la sua attività di intermediario in una nuova veste…

R. Sì e secondo me completa il servizio che svolgiamo nei confronti del nostro parco clienti. Fra Melis Intermediazioni srl e la Melis & Partners srl annoveriamo quattro mandati di compagnie generaliste. Il nostro core business, al momento, è rappresentato da Groupama Assicurazioni. Adesso avvertiamo la necessità di non intermediare solamente tramite altri soggetti se non attraverso noi stessi e questo ci consentirebbe di coronare anche un altro nostro disegno: quello di essere inequivocabilmente e unicamente i gestori degli affari assicurativi per conto dei clienti che vogliono affidarsi a noi, a prescindere dei mandati delle altre due società, creando quindi un volano di stabilità per chi investe in questo settore, sia dal punto di vista della tecnologia, sia sotto il profilo delle risorse.

pietro-melis-e-pierpaolo-melisD. Lei rappresenta un intermediario assicurativo diciamo così di “vecchio stampo”. Oggi la professione è parecchio cambiata. Quale messaggio ha cercato di trasmettere a suo figlio e quali consigli darebbe ai giovani che si affacciano a questa professione? (Nella foto a destra, Pietro Melis è insieme con il figlio Pierpaolo)

R. Intanto consiglierei di non prendere esempio dalla stragrande maggioranza dei…vecchi. Penso sia giusto trasmettere le esperienze, ma solo per evitare gli errori. Non possiamo noi anziani, con la nostra esperienza, dettare il futuro. Semmai dobbiamo predisporre tutte le infrastrutture affinché non vengano commessi errori e una di queste condizioni è per esempio l’assetto societario di cui le parlavo. Una operazione nata tre anni fa che è stata resa possibile grazie alla presenza di mio figlio Pierpaolo, che era già laureato e con qualche master sulle spalle. Il fatto che lui abbia accettato di percorrere questa strada e di confrontarsi alla pari culturalmente a ogni livello di interlocuzione lo ha posto in una condizione di partenza ottimale. Poi, si sa, i successi non dipendono solo dalla bravura, ma ci vuole anche un po’ di fortuna. In ogni caso bisogna farsi trovare pronti.

D. Che momento sta vivendo, oggi, il settore assicurativo in Italia?

R. È un periodo molto complicato, soprattutto per gli assetti societari delle compagnie e per la presenza di azionisti spesso invisibili. Le eccessive concentrazioni che si stanno facendo a livello assicurativo e industriale produrranno degli effetti non sempre positivi e, secondo me, potrebbero esserci dei ripensamenti, quando ci si renderà conto che, alla fine, c’è bisogno anche delle specificità. Si può massificare, ma standardizzare tutto non è possibile. Io penso che i mali che stiamo vivendo riguardano non solo l’intermediazione assicurativa, ma anche le compagnie che la gestiscono, perché se ci sono state queste concentrazioni il motivo è da ricercare nel fatto che alcune imprese di piccole o medie dimensioni si trovavano in difficoltà. Ebbene non escludo che anche gruppi importanti comincino a sentire il peso di queste responsabilità. Il settore assicurativo, inoltre, è caratterizzato da consumatori sempre più agguerriti non solo sul prezzo, ma anche sulle richieste di garanzia. Questo richiede un intermediario sempre più preparato, più consapevole dei propri doveri. C’è una giurisprudenza che in termini di adeguatezza contrattuale penalizza i superficiali a posteriori. Oggi occorre avere una preparazione di base diversa da quella che avevamo noi, più approfondita e più in linea con le nuove esigenze.

D. L’Europa spinge verso la figura di un intermediario unico senza distinzione fra agente e broker. E punta sul distributore…

R. Il termine distributore non mi piace e non credo sia nella cultura italiana. Intermediario unico? Non so dire se è un bene o un male, so solo che la linea di demarcazione per esempio fra le due sezioni A e B del Rui fa riferimento solo a una natura contrattuale. L’unico intermediario free lance esistente oggi è chi risulta iscritto alla sezione E. Come agente posso anche essere libero, ma devo essere titolare di un mandato. Comunque tutto ciò che porta verso la libertà mi trova d’accordo. Resto perplesso quando si indica la strada delle collaborazioni come la via di fuga dalla crisi; per periodi brevi e temporanei può essere una scorciatoia valida. Altro non mi viene da dire… ma preferirei che l’intermediazione fosse la conseguenza di una consulenza competente e non un progetto distributivo.

D. Parliamo delle sue esperienze sindacali e a tutela degli agenti. Cosa le è rimasto della sua esperienza nel Sindacato nazionale agenti?

R. Un grande patrimonio umano.

D. Beh, lei ha dato tanto al sindacato di via Lanzone…

R. In tutto quello che ho fatto ci ho messo passione. Non la metterei nei termini di cosa ho dato e cosa ho ricevuto. Penso di aver impegnato molto del mio tempo, ben 22 anni, per lo Sna e per il gruppo agenti. Io non ho mai cercato gli incarichi e non mi sono mai candidato. In Sna sono entrato nell’esecutivo per cooptazione la prima volta, dopo aver presieduto per 6 anni il comitato dei Gaa, successivamente sono stato votato perché inserito in una lista con Tristano Ghironi. Poi sono stato votato come vice presidente nella lista Metti ma, dopo 6 mesi mi sono dimesso non per ragioni di contrasto con lo stesso Metti, che è una persona che stimo tantissimo come uomo, ma per altre questioni personali. Al di là delle considerazioni che ciascuno di noi può fare, è mia convinzione che meriti rispetto chiunque dedichi il proprio tempo, gratuitamente, per risolvere i problemi dei colleghi che lo hanno indicato alla loro guida. Poi, se le cose non vanno bene è compito degli elettori non rieleggerlo. Fatta questa parentesi, per ritornare alla sua domanda, credo di aver fatto tanti sacrifici, trascurando qualche volta anche la famiglia, che però mi hanno permesso di crescere professionalmente, in cultura e conoscenza. Non ho nulla da recriminare, rifarei tutto.

melis-pietro-12D. Quale è la sua opinione in merito a chi ha deciso di lasciare Sna per creare un’altra associazione di categoria?

R. Non spetta a me giudicare. Chi va via è perché probabilmente non trova più elementi per rimanere o per insoddisfazione personale. La nascita di Anapa non l’ho vista con favore anche perché è nata nel momento in cui c’era una discussione ancora aperta per procedere verso una fusione Sna-Unapass. Tuttavia non mi sento di condannare la scelta di Vincenzo Cirasola e degli altri 11 presidenti di gruppo. Alcuni di questi, peraltro, li conosco bene e sono persone di valore. Io però non l’avrei fatto… (Nella foto accanto, uno dei suoi interventi durante un congresso dello Sna)

D. Per lei, oggi, cosa è lo Sna?

R. È un’associazione che rappresenta un successo per chi la guida. Peccato che il numero degli iscritti sia inferiore al 50% degli agenti; sono lontani i tempi in cui, sotto la presidenza Ghironi, eravamo quasi 10.000. Poi c’è stato il declino, le cui cause sono da ricercarsi principalmente in fattori esogeni, ma anche a problemi all’interno della categoria. Paradossalmente la più grande vittoria del sindacato è stata quella del plurimandato che ha segnato una linea di demarcazione fra prima e poi, eppure ciò ha creato tensioni in un mondo che non era completamente preparato a gestire questa novità. Io ho sempre sostenuto che il plurimandato era un’opportunità per chi voleva coglierla, ma non un obbligo. Massima libertà nella scelta, quindi.

D. Un’unica associazione di categoria che rappresenta gli agenti. Ormai è una chimera?

R. Mai dire mai. Cambiano gli uomini, cambiano i tempi e possono cambiare anche gli approcci…

D. Nel 2017 sono in programma le elezioni per eleggere il nuovo presidente Sna. Ufficialmente Demozzi non ha ancora sciolto la riserva per una sua eventuale ricandidatura.

R. Demozzi ha segnato comunque un tempo. Al di là delle valutazioni individuali, lui ha un consenso vero e ciò merita rispetto. Ricordo che quando mi è stata chiesta la disponibilità a candidarmi per la presidenza dello Sna per il dopo Ghironi ho risposto che non me la sentivo. Le ragioni? Per l’età. Non sono un uomo di transizione. Allora ho scelto di collaborare con Metti per dare continuità al sindacato. Mi sembrava una cosa normale per un passaggio del genere. Poi, nel 2012, c’è stato un rinnovamento con l’elezione di Demozzi che essendo giovane aveva tutte le carte in regola per portare avanti un progetto che non fosse di transizione. Aveva una sua strategia, che sta attuando piano piano. Non analizzo il suo operato, non sarebbe corretto da parte mia. Nessuna critica nei confronti di chi l’impegno di guidare i colleghi se lo è preso tutto sulle spalle. Stare fuori e vedere gli errori è semplice. Bisogna stare dentro per capire come maturano gli errori, se di errori si può trattare. Cosa diversa è non fare un po’ di auto-analisi per vedere se qualcosa si può fare meglio…

D. Capitolo Agit. Gli iscritti l’hanno nominata socio onorario. Questo gruppo è rimasto legato a lei e viceversa. In fin dei conti è stato uno degli artefici della nascita di Agit…

R. Sì, credo di essere stato l’elemento coagulante della fusione fra Gruppo agenti Nuova Tirrena e Gruppo agenti Groupama. Non potevo accettare che Groupama e Nuova Tirrena facessero una fusione e che i relativi gruppi agenti restassero attardati a contrattare separatamente. Abbiamo fatto una fusione con grande senso di responsabilità, voluta da entrambe le parti. Noi, poi, come Gant venivamo da una esperienza di fusione di quattro gruppi della compagnia Tirrena in liquidazione coatta. Possiamo dire con orgoglio che abbiamo saputo sfidare le diversità e costruire l’unità giorno dopo giorno.

D. Quanto è maturato Agit in questi 6 anni di vita?

R. Non credo che avesse bisogno di maturare. Quando nel 2014 ho lasciato la carica di presidente, il gruppo era già abbastanza maturo per camminare con le proprie gambe, senza bisogno di tutori. Coloro che lavorano per il gruppo agenti sono persone preparate e oneste e fanno quello che possono per supportare gli iscritti. E se qualcuno è in difficoltà la colpa non è mai di chi lo rappresenta. Purtroppo oggi c’è una sofferenza che va oltre l’impegno della rappresentanza agenziale. Un esempio? Se l’auto è in fibrillazione, il gruppo agenti cosa può fare? Non può mica costringere la compagnia ad adottare la tariffa richiesta da un singolo agente in ogni territorio…

pietro-melis-e-christophe-busoD. Parliamo della compagnia Groupama. In qualità di presidente di Agit spesso e volentieri ha tirato le orecchie ai vertici della compagnia, a volte anche in modo palese…

R. Tutte le volte che cambiava il top management, i nuovi vertici erano sempre un po’ diffidenti nei mie confronti, più che altro per la cattiva fama che mi precedeva. In realtà non volevo altro che un’azienda sana, che mi facesse lavorare bene e rappresentare altrettanto bene gli iscritti al gruppo agenti, tutelando i loro interessi e soprattutto facendo rispettare la loro dignità. Le devo dire che non sono insoddisfatto dei risultati ottenuti. E anche i top manager della compagnia lo hanno capito, al punto che nel tempo mi sono conquistato anche un po’ di stima da parte loro. Quando ho detto determinate cose non ho mai inteso offendere personalmente il management, non ho mai fatto offese gratuite, ho sempre evidenziato in maniera diretta esattamente quello che pensavo sapendo anche di correre dei rischi. Come ho fatto più di una volta. (Nella foto a sinistra, Melis è con Christophe Buso, ex ad di Groupama)

D. In tutti questi anni quale è stato il più grande errore che ha commesso e che oggi non rifarebbe?

R. Credo di avere fatto tanti errori. Non saprei da dove iniziare, però l’errore più grosso è stato quello di pensare che tutte le ansie e i problemi degli agenti potessero essere risolti con normative o leggi. La verità, e io mi prendo le mie responsabilità, è che avremmo dovuto impegnarci di più per fare crescere il bisogno assicurativo, per fare capire in giro, agli agenti, alle compagnie stesse e ai consumatori, che in Italia c’è un grande bisogno sociale delle assicurazioni private.

intervista-pietro-melis-con-logoD. Il più grande rimpianto?

R. Non ho rimpianti, se non che forse avrei dovuto dedicare un po’ più di tempo alla famiglia e anche alla mia agenzia. Avrei potuto dosare meglio le energie, però avevo un limite: il fatto di vivere in Sardegna. Se devi fare una riunione di 2 ore fuori regione perdi un giorno o anche due…

D. L’anno prossimo compirà 70 anni. Cosa si aspetta come regalo?

R. Per me è già un regalo enorme quando i colleghi si ricordano che sono esistito e anche un piacere che lei possa pensare che sia ancora importante farmi una intervista. Negli ultimi anni non ho più cercato nessuno e ho fatto di tutto per essere dimenticato; fa parte di me, sono entrato in silenzio in tutti gli organismi e in silenzio sono uscito. (Nella foto a destra, un momento dell’intervista)

Fabio Sgroi

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