Una ricerca di Bain & Company analizza anche i rischi che il mondo si troverà ad affrontare nei prossimi anni e stima una crescita del settore assicurativo, in termini di premi globali, a 10.000 miliardi di dollari entro il 2030. La Cina farà da traino.
I premi assicurativi globali? Entro il 2030 potrebbero raggiungere quota 10.000 miliardi di dollari, secondo il report della società di consulenza Bain & Company dal titolo Insurance 2030: As Risks Mount, Insurers Aim to Augment Protection with Prevention.
Il report analizza i rischi che il mondo si troverà ad affrontare nei prossimi anni e l’evoluzione del ruolo delle compagnie assicurative. «Alcuni rischi più maturi», si legge in una nota, «diventeranno progressivamente meno rilevanti (per esempio quelli legati all’utilizzo dell’auto di proprietà); inoltre altre aree di rischio stanno già diventando sempre più rilevanti (per esempio la criminalità informatica) e infine rischi già esistenti in passato stanno raggiungendo proporzioni inattese (cambiamento climatico e le pandemie)».
Si tratta di fenomeni che, spiega il report, stanno spingendo le assicurazioni ad assumere un nuovo ruolo, passando da “pagatori di sinistri” a “erogatori di servizi”, con una «forte enfasi sull’incentivazione di comportamenti atti a ridurre e a prevenire il rischio complessivo».
Mentre la frequenza dei sinistri auto è in calo in tutti i paesi industrializzati, Bain & Company stima che il cambiamento climatico porterà nei prossimi 30 anni a un aumento di circa dieci volte delle perdite economiche che ne derivano.
La ricerca Bain evidenzia come la Cina guiderà oltre un quarto della crescita globale dei premi al 2030. «Tuttavia, poche assicurazioni multinazionali possono beneficiare di fatto della crescita del mercato cinese, a causa dell’elevato livello di competizione che esiste nel Paese e di norme ancora orientate a salvaguardare le imprese nazionali».
Un ruolo decisivo lo giocherà la tecnologia. Le compagnie assicurative, infatti, possono utilizzare oggi strumenti tecnologici, come l’automazione e Internet of Things, per interagire direttamente con i clienti e aiutarli a identificare, prevenire e mitigare i rischi. Secondo il report, queste tecnologie possono contribuire a ridurre i costi operativi delle compagnie fino al 50%, grazie alla semplificazione e all’automazione del modello operativo, e a ridurre il costo dei sinistri fino al 20%, mitigando e prevenendo i rischi. «Inoltre, i cambiamenti significativi in atto relativamente all’”oggetto assicurato” stanno trasformando la catena del valore del settore: le tipologie di competenze richieste sono sempre più frammentate ed eterogenee, mettendo di fatto in discussione il ruolo della tradizionale compagnia assicurativa integrata. Percependo questa opportunità – e incoraggiate dalle possibilità offerte dalle nuove tecnologie – molte nuove insurtech, grandi piattaforme tecnologiche e/o leader di altri settori, come le case automobilistiche, hanno iniziato a puntare sulle componenti più redditizie della catena del valore con nuovi modelli di business».
Per avere successo in questo nuovo contesto, secondo Bain, le assicurazioni dovranno rivedere la loro strategia complessiva. In particolare occorrerà tenere conto delle specificità dei diversi player e mercati, ma alcuni quesiti strategici saranno rilevanti per tutti: «Quale modello di interazione con i clienti sarà più efficace per prevenire e mitigare i rischi? Diverse coperture assicurative saranno sempre più strutturalmente integrate con l’oggetto assicurato, come si dovranno posizionare i player tradizionali rispetto a tale fenomeno? Dovranno combatterlo o favorirlo? Come evolveranno le reti distributive e la distribuzione diretta ai clienti? I player multinazionali dovranno aumentare la loro presenza in Cina? Se sì, con quali modelli di business e operativi? Se no, in quali altre aree geografiche si potranno concentrare per aumentare le opportunità di crescita? Quanto proattivamente le assicurazioni dovranno esplorare opzioni di capitale alternative? (per esempio riassicurazione, private equity, ecc.)».
Fabio Sgroi
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