giovedì 23 Ottobre 2025

Il mondo dell’intermediazione assicurativa in primo piano

MAZZOLENI BONALDI: AGENTE E ALLENATORE DI CALCIO, STESSA MISSION

L’agente UnipolSai racconta a tuttointermediari.it la sua esperienza da allenatore di calcio nel settore giovanile dell’Atalanta, all’ombra di Ottavio Bianchi, Emiliano Mondonico e Nedo Sonetti.

 

Mazzoleni Bonaldi Leonardo 1La sezione Intermediari e…non solo nasce con l’obiettivo di dare spazio a coloro che, oltre a svolgere la professione di intermediari assicurativi, legano o hanno legato il proprio nome ad altre attività e per questo sono più o meno “famosi”. Il secondo personaggio intervistato da tuttointermediari.it è Leonardo Mazzoleni Bonaldi, 63 anni compiuti lo scorso 4 agosto, agente assicurativo UnipolSai a Verdello (Bergamo).Che cosa ha di particolare Mazzoleni Bonaldi?È iscritto  all’Associazione italiana allenatori di calcio (Aiac) gruppo provinciale di Bergamo e in passato è stato collaboratore di tecnici di un certo rango come Ottavio Bianchi ed Emiliano Mondonico.Oggi organizza i corsi di allenatore e dà consigli a chi vuole intraprendere la carriera.

Domanda. Da quanto tempo svolge la professione di agente di assicurazione?

R. Ho cominciato l’attività di procuratore di agenzia nel 1970 con mia mamma (Erminia Bonaldi, figlia di Italo, una delle prime donne agente generale in Italia, con il marchio Fondiaria, ndr) e nel 1983 sono diventato agente. Dunque sono nipote di agente, figlio di agente e la storia assicurativa della famiglia non finisce qua perché mio figlio Marzio (classe 1988, attualmente iscritto alla sezione e del Rui, ndr) rappresenta la quarta generazione.

D. Il ruolo dell’agente assicurativo in questi anni è cambiato e continua a cambiare. Secondo lei ha un futuro?

R. In tanti sostengono che sia una professione che vada a morire.  Io, invece, sono convintissimo che abbia un futuro. Il ruolo di agente andrà chiaramente modellato, ma credo  che questa attività professionale duri  in maniera perpetua e addirittura vada incontro a una valorizzazione: penso per esempio all’aspetto consulenziale  che, a un certo punto, sembrava dovesse sparire. Quello che un agente non deve fare è stare con le mani in mano e aspettare che i problemi si risolvano da soli.  Ognuno, nella propria agenzia, deve cercare, come insegna l’Uea (Mazzoleni Bonaldi ne è socio, ndr), di cavalcare le situazioni e di non subirle: bisogna affrontare i cambiamenti e preparare bene la propria squadra.

D. Come nasce la sua passione per il calcio?

R. Ho cominciato a giocare a pallone sin da piccolo. Poi, all’età di 18 anni il mio allenatore ha accusato dei problemi fisici e sono stato promosso in questo ruolo ad interim. Da lì è iniziata la mia carriera di allenatore.

D. Da quanto tempo è iscritto all’Associazione italiana allenatori di calcio gruppo provinciale di Bergamo?

R. Ho fondato la sezione di Bergamo nel 1974; insieme con sette amici abbiamo deciso di avviare questa attività, grazie anche alla spinta dell’ex calciatore e allenatore Carlo Alberto Quario. Fu lui a organizzare l’associazione in Italia e fu lui a coinvolgermi, nonostante la mia giovane età, a 24 anni, nel progetto riguardante l’area bergamasca. Oggi, la sezione di Bergamo conta oltre 400 iscritti ed è tra le più numerose in Italia, se si considera il rapporto fra popolazione e allenatori.

D. Come riesce a conciliare l’attività di assicuratore e quella di allenatore?

R. Il fascino della gestione di una squadra è unico. Guidare un team sportivo o di lavoro, dallo spogliatoio o dall’agenzia, ha la stessa mission: andare in campo organizzati, dare il massimo e possibilmente vincere la partita. La mia vita passa da queste due attività, di assicuratore e di allenatore. Mi coinvolgono completamente e mi entusiasmano perché le ho sempre esercitate entrambe con grande passione.

D. Di quanti collaboratori si compone il suo team in agenzia?

R. I collaboratori sono 13, pressappoco è il numero di una squadra di calcio…

Mazzoleni Bonaldi con il TrapD. Lei possiede il patentino di allenatore professionista di seconda categoria. Fino a quale serie può allenare?

R. Posso allenare fino alla terza serie, quella che una volta veniva chiamata Serie C (oggi Lega Pro, ndr), e anche in Serie A, ma come secondo, come ho fatto da ragazzo quando ero all’Atalanta.   In realtà anni fa non era prevista questa qualifica, io allenavo la Primavera dei nerazzurri, ma rientravo nella sfera dei collaboratori degli allenatori della prima squadra: sono stato collaboratore di Ottavio Bianchi, Emiliano Mondonico e Nedo Sonetti. (Nella foto a lato, Mazzoleni Bonaldi è con Giovanni Trapattoni)

D. Alla guida della Primavera dell’Atalanta quali risultati ha raggiunto?

R. Guardi, l’obiettivo principale, ogni anno, è stato quello di portare almeno tre ragazzi in prima squadra: un difensore, un centrocampista e un attaccante. Il risultato sportivo passa in subordine. Ciò ha sempre reso il settore giovanile dell’Atalanta tra i più qualificati non solo in Italia, ma anche nel mondo. Oggi abbiamo in giro tantissimi calciatori che giocano nelle serie superiori, anche all’estero. È una fucina di campioncini e con l’acquisto fatto dal presidente Percassi che qualche settimana fa ha presentato alla stampa Maurizio Costanzi, che arriva dal Chievo, si sono poste le basi per essere di nuovo al top per altri 15 anni. A mio parere, Costanzi è il migliore intenditore di calcio giovanile presente oggi in Italia.

D. In questi anni in cui ha allenato la Primavera dell’Atalanta, ma anche gli allievi e i giovanissimi, ricorda un giocatore che lei ha formato e lanciato?

R. Tra i giocatori che mi hanno maggiormente impressionato, e sui cui comunque la mia influenza è stata molto relativa, visto che giocava in prima squadra e ogni tanto si allenava anche con la Primavera, ricordo Roberto Donadoni. Non a caso è diventato anche un grandissimo allenatore. Comunque, per rispondere alla domanda, vorrei ricordare quei giocatori su cui credevano in pochi: Daniele Carnasciali (in A con Fiorentina, Bologna e Venezia, due presenze in Nazionale con Arrigo Sacchi, ndr), Nicola Boselli (in A con Piacenza, Bologna e Atalanta, ndr), Diego Bortoluzzi (secondo di Francesco Guidolin, ndr), e ancora Mario Consonni e Aladino Valoti. Tutti ragazzi che hanno fatto bene anche nella vita di tutti i giorni e forse questo mi gratifica di più.

D. Ha mai visto passare un treno e non prenderlo?

R. Sì. Finito il corso di Coverciano mi si è presentata subito l’occasione di andare ad allenare il Novara Calcio, che allora era una società ambiziosa militante in Serie C e che voleva risalire la china. Per ragioni di lavoro e di famiglia ho preferito rinunciare.

D. Adesso di cosa si occupa all’interno della sezione di Bergamo?

R. Per l’Aiac e per il comitato regionale Lombardia mi occupo di organizzare i corsi per allenatori, scegliendo la sede, gli orari, metto insieme il corpo docente e li dirigo personalmente.

D. Che cosa si insegna oggi agli allenatori?

R. Prima di tutto devono essere loro stessi, ponendo al centro della loro attività  la crescita del ragazzino. Occorre svestirsi di quella che è la ricerca assoluta del risultato sportivo; i modelli e i metodi di gioco vengono dopo. Dietro la tecnica e il lavoro tattico c’è la proposta di un modello educativo, basato sul rispetto delle regole. Un insegnamento che comunque viene dopo quello impartito dalla famiglia e dalla scuola.

Mazzoleni Bonaldi con Cesare PrandelliD. Cosa ci vuole per fare carriera? Solo fortuna o qualcos’altro?

R. Innanzitutto grande passione. Per gli allenatori che arrivano a un certo livello bisogna avere una componente psicologica, e conoscere la scienza della comunicazione,  che deve aiutare ad affrontare tutte le situazioni. (Nella foto a sinistra, Mazzoleni Bonaldi è con Cesare Prandelli, ex Ct della Nazionale italiana)

D. Quando si allena i ragazzini spesso ci si deve confrontare anche con i loro genitori. Come gestire questo rapporto, che a volte può essere conflittuale?

R. Questo non è un problema secondario. Nei nostri corsi di allenatore abbiamo inserito delle ore dedicate alla psicopedagogia. La gestione dei genitori e dei piccoli atleti è diventata una materia  di studio per noi. La prima cosa è far capire ai genitori che lo sport forma il fisico e la mente, ma non sempre sforna campioni e fenomeni e che la loro presenza è importante se è discreta. Altrimenti porta solo intralci alla crescita del ragazzo. I problemi si presentano quando i genitori, soprattutto in campo dilettantistico, svolgono un ruolo attivo all’interno della società sportiva: per esempio supportano i dirigenti, diventando loro collaboratori, o diventano sponsor della società. È in questi casi che nascono equivoci: molte volte pensano di poter interferire nelle scelte dell’allenatore, affinché questo conceda maggiore spazio e attenzione al figlio.

D. Questo è un momento importante per il calcio italiano. Molti chiedono una riorganizzazione? Quale è la sua opinione?

R. A breve si eleggerà il nuovo presidente della Federazione italiana gioco calcio.Parteciperò alla votazione quale delegato degli allenatori professionisti. Si dovrà scegliere una linea nuova, una persona che sia in grado di portare delle innovazioni, uno alla  Renzi, che possa cioè garantire che realmente qualcosa cambi. Cosa bisogna fare per rilanciare il calcio in Italia? Partirei dal rapporto di collaborazione che deve essere completamente cambiato tra il mondo della scuola e quello dello sport. Secondo me si deve partire da lì, investendo nelle strutture sportive. Avere una popolazione sana che faccia sport, e non mi riferisco solo al calcio, vuol dire risparmiare nelle cure delle persone. E anche ridurre il rischio che qualche ragazzo venga attratto da ambienti non proprio puri.

Fabio Sgroi

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