Una recente indagine di Acb ha approfondito vari aspetti, fra cui i possibili vantaggi economici ma anche…
In uno scenario caratterizzato dall’inasprirsi della concorrenza, dalla crescente complessità nella gestione tecnologica, da una necessità di compliance data da una normativa che è in continua evoluzione, dall’esigenza di avere una gestione sempre più efficiente e dall’aumento delle aspettative dei clienti, le collaborazioni e le aggregazioni fra intermediari assicurativi hanno funzioni tattiche e strategiche e permettono senza dubbio di migliorare il posizionamento competitivo dell’intermediario, nel medio e lungo termine.
È quanto ha evidenziato una recente indagine di Acb (Associazione di categoria brokers di assicurazioni e riassicurazioni) sull’impatto dell’evoluzione normativa sull’attività degli intermediari con focus sulle aggregazioni e collaborazioni orizzontali. I risultati della rilevazione sono stati illustrati da Patrizia Contaldo, docente presso l’Università L. Bocconi di Milano, head of observatory on insurance market Baffi Carefin, nel corso del recente convegno on line su Collaborazioni e aggregazioni tra intermediari – stato dell’arte e prospettive future.
L’indagine, a cui hanno partecipato 125 broker e 8 agenti, aveva l’obiettivo di coinvolgere in gran parte gli associati in una riflessione sulle motivazioni che favoriscono le aggregazioni e le collaborazioni, su possibili vantaggi economici e gestionali e sugli impatti dei cambiamenti normativi in essere. In particolare sono state poste alcune domande, per conoscere il sentiment sul ruolo delle collaborazioni.
Innanzitutto è emerso che le collaborazioni occasionali «vengono attivate principalmente per motivi che fanno riferimento alle competenze», ha sottolineato Contaldo. «Per quanto riguarda le collaborazioni invece più strategiche, quindi non occasionali, quello che è il driver di motivazioni che porta ad attivarle è rappresentato da profili di tipo tecnologico. Quindi è rilevante avere a disposizione della tecnologia e anche delle competenze anche profili commerciali».
Il tema delle aggregazioni viene considerato dagli intermediari «come uno strumento utile a favorire il passaggio generazionale, a creare economie di scala, a rendere la struttura più efficiente, ma anche ad aumentare la dimensione aziendale e migliorare il posizionamento di mercato».
Acb ha indagato anche sulla frequenza con cui le collaborazioni vengono attivate. E’ emerso che sono molto diffuse nel mercato: soltanto l’11% degli intervistati ha dichiarato di non aver mai attivato collaborazioni occasionali o stabili. «Gli altri hanno dichiarato di avvalersi di questa modalità operativa. In particolare le collaborazioni occasionali sono quasi equamente suddivise tra agenti (42%) e broker (47%), mentre quelle non occasionali sono più frequenti con gli agenti (61%)», ha commentato Contaldo.

Rispetto alle collaborazioni occasionali, gli intervistati «non ravvisano significativi risparmi sui costi se non per quelli connessi all’acquisizione di un cliente, e per i broker anche per la gestione della polizza. Il risparmio è stimato nella fascia che va dallo zero al 10% del fatturato per il 96% dei rispondenti». Questi ultimi «valutano che ci possa essere un aumento dei costi in riferimento ai rischi di compliance e nella gestione della collaborazione che può essere quantificato per quasi il 90% dei rispondenti in un valore non superiore al 10% del fatturato».
Sempre con riferimento al tema economico, l’indagine evidenzia che l’impatto delle collaborazioni occasionali c’è e il 70% dei rispondenti ha ritenuto di avere avuto un miglioramento dei ricavi. Spostando l’attenzione sulle collaborazioni non occasionali, «i profili amministrativi e gestionali rappresentano un elemento in grado di ridurre i costi anche grazie a rapporti strutturati; per quanto riguarda l’impatto sui costi, questo è sempre legato al tema della compliance, ma per la maggior parte dei rispondenti si tratta di incrementi dei costi molto contenuti. In definitiva, la valutazione di queste collaborazioni di lungo termine è positiva», ha affermato Contaldo.
Gli operatori intervistati, in definitiva, ritengono che il successo degli accordi e delle collaborazioni non occasionali dipenda dalla credibilità, dalla fiducia e dalla relazione «proprio perché le collaborazioni non occasionali come abbiamo visto contengono un fine strategico e quindi di lungo termine», ha aggiunto Contaldo.
Fabio Sgroi
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