È una delle evidenze emerse nell’ultima edizione di Welfare Index Pmi, iniziativa promossa da Generali Italia. Ecco i numeri del Rapporto 2019.
«Il welfare aziendale è vincente se è un progetto di impresa che parte dall’ascolto delle esigenze dei dipendenti; gli imprenditori che attivano una strategia coerente e prolungata nel tempo, per il benessere e la soddisfazione dei lavoratori e delle loro famiglie, dichiarano di avere un impatto positivo sulla produttività e anche sulla comunità; tra le aziende aumenta la consapevolezza che benessere sociale e risultati di business crescono di pari passo». Sono queste le principali evidenze del Rapporto 2019 – Welfare Index Pmi, promosso da Generali Italia con la partecipazione di Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato e Confprofessioni, che per il quarto anno ha analizzato il livello di welfare in 4.561 Pmi italiane (più che raddoppiate rispetto al 2016) superando nei tre anni le 15.000 interviste. I risultati del nuovo rapporto sono stati presentati qualche settimana fa a Roma.
Welfare Index PMI ha monitorato le iniziative di welfare delle imprese (di tutti i settori produttivi e di tutte le classi dimensionali, da meno di 10 fino a 1.000 dipendenti) in 12 aree: previdenza integrativa, sanità integrativa, servizi di assistenza, polizze assicurative, conciliazione vita-lavoro, sostegno economico, formazione, sostegno all’istruzione di figli e familiari, cultura e tempo libero, sostegno ai soggetti deboli, sicurezza e prevenzione, welfare allargato al territorio e alle comunità.
Il Rapporto 2019 ha messo in evidenza «il salto di qualità intervenuto nelle imprese che hanno saputo dotarsi di politiche di welfare come progetto aziendale». Dal 2016, le imprese hanno «incrementato tanto l’ampiezza quanto l’intensità delle iniziative di welfare adottate rispetto alle 12 aree identificate dalla ricerca». Le imprese attive, cioè con iniziative in almeno 4 aree, nel 2016 erano il 25,5%; in soli tre anni sono raddoppiate, raggiungendo il 45,9%. Ancora più significativa è la crescita delle imprese molto attive, cioè con iniziative in almeno 6 aree: sono quasi triplicate, passando dal 7,2% nel 2016 al 19,6% nel 2019. Il vero salto è avvenuto nell’ultimo anno, con una crescita delle imprese molto attive dal 14,4% al 19,6% (+36%).
Il welfare aziendale, ha evidenziato il rapporto 2019, «non è solo appannaggio delle grandi imprese, ma in questi anni è riuscito a rompere la barriera dimensionale, diffondendosi anche nelle piccole e microimprese». Le imprese più grandi restano avvantaggiate, con una quota di imprese molto attive del 71%, superiore a tutti gli altri segmenti. Ma nelle imprese di piccola e media dimensione la crescita è stata «particolarmente veloce» e in questi tre anni la quota delle molto attive è più che raddoppiata. Nelle microimprese (meno di 10 addetti): dal 6,8% nel 2017 all’attuale 12,2%. Nelle piccole imprese (10-50 addetti): dall’11% nel 2016 al 24,8% di oggi. Nelle medie imprese (51-250 addetti): dal 20,8% nel 2016 al 45,3% di oggi, con un aumento sostenuto nell’ultimo anno.
Welfare Index Pmi 2019 ha evidenziato quindi l’esistenza di un segmento rilevante di imprese molto attive (il 19,6% che equivale a 130.000 imprese), appartenenti a tutti i settori produttivi, che hanno «maturato una consapevolezza del proprio ruolo sociale (il 63,4% dichiara che l’importanza degli obiettivi sociali è aumentata negli ultimi 2-3 anni); sviluppato una visione strategica di lungo periodo (il 71,7% di queste dichiara l’intenzione di accrescere ulteriormente il welfare aziendale in futuro); definito obiettivi e politiche ben focalizzate, coinvolgendo sistematicamente i lavoratori (il 71,2% contro una media del 51,6%); ottenuto di conseguenza risultati che incoraggiano a procedere su questa strada: il 73,1% e il 63,9% rispettivamente rilevano impatti positivi sulla soddisfazione dei lavoratori e sulla produttività del lavoro». (fs)
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