mercoledì 05 Novembre 2025

Il mondo dell’intermediazione assicurativa in primo piano

GIOVANNI METTI ROMPE IL SILENZIO: «ECCO TUTTE LE MIE VERITA’»

L’ex presidente dello Sna torna a parlare dopo due anni. Lo fa accettando l’invito di tuttointermediari.it, toccando questioni passate, presenti e future del Sindacato nazionale agenti. E non manca qualche frecciatina.  

 

MettiGiovanni Metti (foto a lato), 71 anni, agente Allianz a Parma. Al congresso di Bologna di febbraio 2009 diventa presidente del Sindacato nazionale agenti sostituendo lo storico Tristano Ghironi. A gennaio 2012, a Milano, non ripropone la propria candidatura e dice stop alla sua lunga esperienza sindacale, lasciando spazio a Claudio Demozzi. Una presidenza molto travagliata, quella di Metti. Rappresentare il Sindacato dopo uno come Ghironi costituiva già a priori un compito arduo. In più, le nuove normative piombate sulla testa degli intermediari hanno fatto il resto.

A pochi giorni dal congresso elettivo dello Sna, tuttointermediari.it lo ha intervistato, toccando vari spunti, non solo di politica sindacale. Metti ha accettato in via esclusiva di parlare, non sottraendosi alle domande. Anzi, ha approfittato per togliersi qualche sassolino dalle scarpe.

Domanda. Lei è stato l’ultimo presidente dello Sna prima della scissione e della nascita di Anapa, che ha rappresentato una frattura non trascurabile nell’unità della categoria tanto invocata in passato. Quale è il suo punto di vista?

Risposta. Non è semplice per me affrontare questa tematica. Vedere il Sindacato nazionale agenti subire una scissione, con una persona (Vincenzo Cirasola, uno dei fondatori di Anapa, ndr) che negli ultimi anni ha vissuto insieme a me una bella fase storica del sindacato, e assistere alla nascita di un’altra associazione di categoria, senza dubbio mi porta a pensare che non è stata certamente una cosa positiva. Anzi, si può parlare di un aspetto negativo. Parto, però, da un concetto ben preciso: se ciò è avvenuto, le responsabilità maggiori rimangono in capo a chi se ne va, anche se certamente non si può pensare che sia l’unico responsabile di questa situazione. Penso che si sia fatto troppo poco per tenere unito il sindacato e quindi le responsabilità vanno ben distribuite tra le due parti. Anche perché non posso non sottolineare il fatto che, sotto la mia gestione, i due contendenti (Claudio Demozzi e Vincenzo Cirasola, ndr) si sono alleati per tentare di mandare a casa la mia giunta. Col senno di poi si è ben capito il motivo per cui era stata fatta quella alleanza: certamente non per una comunanza di idee e progetti, ma per la voglia di smantellare un sindacato che secondo me in quel momento stava avendo un buon successo soprattutto con le azioni sindacali. In sostanza si è trattato di un’alleanza di convenienza, che non aveva nulla a che vedere con il bene o il servizio reso al sindacato.

D. Una delle differenze sostanziali fra Sna e Anapa è la percezione che si ha sulle compagnie: lo Sna le vede come controparti, l’Anapa come partner. Qual è la sua opinione?

R. Le compagnie non sono né controparte, né partner. Sono interlocutori con cui è inevitabile avere dei rapporti perché i contratti di agenzia si sottoscrivono con loro e non certamente fra noi agenti. Direi che, a seconda dei momenti, possono essere partner, ma anche controparti. In ogni caso è difficile dialogare con le mandanti. Non possiamo, infatti, sottacere come abbiano sempre esercitato un potere più forte nei confronti delle agenzie. Questioni come il plurimandato, le collaborazioni fra iscritti alle stesse sezioni del Rui e le denunce a Ivass e Antitrust sono dei tentativi per condurre questo rapporto in equilibrio. Non si può essere in guerra con le compagnie e allo stesso tempo non si può assecondarle troppo. Qualcuno insinua che dietro la nascita di altre associazioni di categoria o dietro i comportamenti di alcuni gruppi agenti ci siano l’Ania o le mandanti. Rifiuto l’idea che possano fare gli interessi dell’Ania. Mi preoccupa di più il non avere un sindacato forte e autorevole, capace di organizzarsi sul territorio, che abbia consensi, che sia pratico e non faccia proclami e basta.

D. Parliamo della delibera Antitrust, che ha imposto ad alcune compagnie di rimuovere gli ostacoli allo sviluppo del plurimandato. Forse in pochi ricordano che anche lei e il suo esecutivo avete ricoperto un ruolo di primo piano…

R. Sotto la mia gestione è stato messo in piedi un sistema di azioni sindacali direi efficace perché ha messo in evidenza diverse problematiche non solo della categoria, ma anche sociali: il problema del meridione, le polizze troppo care, la disintermediazione, l’abbandono dei territori da parte delle compagnie. Ci siamo schierati apertamente con i consumatori.  Abbiamo fatto un buon lavoro alimentando qualche dubbio anche all’interno dell’Ania. Non si poteva continuare su questo piano perché avevamo denunciato delle  cose vere. Ancora prima, con l’avvento della legge Bersani, anche la presidenza Ghironi, con me vicepresidente, lo Sna aveva denunciato che i mandati agenziali continuavano a essere rilasciati in modo non conforme alla legge. Le azioni sindacali hanno contenuto anche la presentazione di un esposto all’Ivass, qualificato dai nostri consulenti legali, sull’operato delle compagnie. È un esposto che non ha creato nessun problema agli agenti e alle compagnie, che hanno debitamente risposto all’organo di vigilanza. L’esposto presentato all’Antitrust sugli accordi integrativi, che è da ascrivere a qualcun altro, è cosa ben diversa. Noi abbiamo ritenuto, infatti, che fossero una parte utile e necessaria che andava a sopperire alla mancanza di redditività delle agenzie, un supporto importante per le agenzie, a patto che rispettino le normative in vigore e cioè la possibilità di avere altri mandati.

D. Come vede il tentativo di spostare la contrattazione di primo livello ai gruppi agenti, by-passando le organizzazioni sindacali?

R. Sono assolutamente contrario. Non so fino a che punto ciò sia possibile, dal momento che il nostro contratto collettivo di lavoro deriva dalla legge 1951 erga omnes. Smontare questo contratto non credo sia semplice, a meno che non intervengano altri provvedimenti legislativi.

Metti e DemozziD. Alla fine di questo mese, lo Sna si appresta a vivere una fase importante della sua lunga storia, come lo è il momento della elezione o della rielezione del suo presidente. Quale è la sua posizione? (Nella foto a lato, Metti è con l’attuale presidente Sna Claudio Demozzi)

R. Mi pare che la scelta di anticipare il congresso elettivo sia arrivata come un fulmine a ciel sereno. Nessuno se lo aspettava specialmente il 28 e 29 luglio. Credo non sia mai avvenuto in passato. In questo modo è impossibile organizzare una eventuale lista e il dibattito lascia il tempo che trova. La scelta è stata motivata con il fatto che si devono affrontare problemi urgenti e gravi. La mia impressione è che si voglia fare un congresso con l’obiettivo principale di conservare la propria poltrona. Sembra che qualcuno lo voglia invalidare e questo significherebbe essere arrivati alla frutta. Forse bisogna interrogarsi perché lo Sna è arrivato fino a questo punto: il numero degli iscritti è diminuito, l’esecutivo uscente si presenta con cinque membri che nel corso del mandato hanno rassegnato le dimissioni, i pezzi da novanta se ne sono andati via tutti. Aggiungo che si era parlato di revisione dello statuto ma, a oggi, nulla è stato fatto, di trattative riprese con l’Ania, di svolta nel rinnovo del Ccnl dei dipendenti. Non si è visto nulla. Dove è finita la casa di cristallo tanto sbandierata? E il direttore (Antonello Galdi, ndr)? È stato licenziato senza mai dare una spiegazione valida. Per non parlare dell’ultimo comitato centrale, che si è esaurito nell’arco di una sola giornata limitando e di molto il dibattito, della mancata unificazione con Unapass, la cassa malattia dei dipendenti che non sta funzionando. Il sindacato di oggi è questo. Non credo di affermare delle cose non vere. Basta confrontare il programma elettorale presentato a Milano con quello che è stato fatto. Ho visto una pubblicizzazione esagerata nel raggiungimento delle collaborazioni fra iscritti alla sezione A) del Rui. Vorrei precisare come nell’agosto del 2011 un ordine del giorno del Governo prevedesse una raccomandazione a invitare a risolvere al più presto questa problematica, che poi effettivamente è stata risolta. È questo un aspetto importante per stabilire una parità con le nostre mandanti, ma da qui a dire che si sono risolti i problemi della categoria ce ne passa.

D. Insomma, lei boccia l’attuale linea politica. Quale è la ricetta, allora, per voltare pagina?

R. Intanto c’è da ricostruire un consenso generalizzato all’interno della categoria. A oggi ci sono tre organizzazioni sindacali che complessivamente non contano nemmeno 8.000 iscritti su 18.000 operanti e un comitato dei gruppi aziendali ridotto ai minimi termini con conflittualità continue tra i gruppi stessi e il sindacato. Così non si va da nessuna parte. Per avere credibilità occorre che la categoria sia rappresentata in modo diverso da come è adesso. Bisogna creare fiducia. Le organizzazioni sindacali sono tre: si sforzino per trovare motivi di condivisione.

D. Non tutti gli agenti di assicurazione sono iscritti a un sindacato. Proviamo ad andare oltre. Proviamo a capire se la figura dell’agente assicurativo, messa in discussione dalla disintermediazione, secondo lei ha ancora un futuro. Come può continuare a stare sul mercato?

R. L’agente deve innanzitutto ammodernarsie capire cosa vuole fare: restare monomandatario o plurimandatario? Dico questo perché è evidente che per stare sul mercato la strada migliore è quella di organizzarsi in modo tale da avere più offerte. Tutto dipende da lui. Deve decidere se fare il plurimandatario, cioè avere una sua agenzia con diversi marchi oppure rappresentare una sola compagnia. Una volta deciso, ci deve essere la consapevolezza che la sua professione è sempre più difficile per un semplice fatto: qualche anno fa il mercato era monopolizzato dalle compagnie di assicurazione. Adesso non è più così. I competitor sono aumentati: banche, compagnie dirette, comparatori. Il loro proliferarsi non si può evitare. Dobbiamo essere noi a trovare i mezzi per potere sopravvivere in questo sistema e cercare di organizzare le nostre agenzie in modo tale che siano in grado di dare un’offerta che sia competitiva. Quello che devono fare gruppi agenti e sindacato è far capire alle compagnie che fare la concorrenza diretta ai propri agenti proponendo le stesse polizze a prezzi inferiori attraverso altri canali non porta da nessuna parte. E che la vendita fatta attraverso un agente di assicurazione è il metodo più efficace per mantenere in piedi il rapporto con il cliente.

Fabio Sgroi

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