sabato 25 Ottobre 2025

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GAAT. ROBERTO SALVI, ANNUNCIO CHOC: «DOPO 25 ANNI ALLA GUIDA DEL GRUPPO AGENTI LASCIO LA SCENA». ALLA BASE IL DIFFICILE RAPPORTO CON I VERTICI DI GENERALI ITALIA

A un mese dal congresso elettivo del Gruppo agenti di assicurazione Toro, il presidente uscente ha anticipato la sua decisione, attraverso un comunicato dai toni forti e polemici verso la mandante: «In Generali le condizioni per un confronto serio, sereno e costruttivo con la nostra rappresentanza sindacale non esistono più. Ho sempre e solo chiesto alla controparte rispetto per il ruolo che rappresento, non per la mia persona. Ma quando vengono meno entrambi, il confronto perde senso e diventa doveroso fermarsi».

Roberto Salvi

A circa un mese dalla 62esima assemblea generale ordinaria del Gaat (Gruppo agenti di assicurazione Toro), in programma dal 21 al 23 novembre prossimi a Venezia, Roberto Salvi annuncia che non si ricandiderà alla presidenza del gruppo. Lascerà l’incarico dopo 25 anni nei quali ha ricoperto ininterrottamente il ruolo di presidente, sorretto dal voto (quasi sempre unanime) dell’assemblea.

Al di là della decisione di Salvi sicuramente faranno discutere le motivazioni per le quali l’agente marchigiano ha scelto di lasciare la scena. Motivazioni che Salvi ha esternato in un lungo comunicato, dai toni forti e polemici, che Tuttointermediari.it pubblica di seguito integralmente.

«È una scelta ponderata e dettata dal rispetto verso i colleghi che ho avuto l’onore di rappresentare per un quarto di secolo. Oggi, purtroppo, in Generali le condizioni per un confronto serio, sereno e costruttivo con la nostra rappresentanza sindacale non esistono più. Mi spiego meglio: ho sempre e solo chiesto alla controparte rispetto per il ruolo che rappresento, non per la mia persona. Ma quando vengono meno entrambi, il confronto perde senso e diventa doveroso fermarsi. Nel momento in cui capisci che la compagnia vuole calpestare la dignità di chi rappresenta, pensi di togliere la tua presenza a quei tavoli. Non è questione di orgoglio, ma di dignità: una rappresentanza che accetta di essere svalutata e svuotata del proprio ruolo smette di essere utile ai propri colleghi. Anche la compagnia perde qualcosa: una voce critica è la possibilità di essere davvero migliore».

Un confronto sempre più difficile

«Gli ultimi due anni», spiega Salvi, «sono stati particolarmente complessi. Il punto più critico è stato raggiunto prima della pausa estiva, quando la mia contrarietà alla proposta di una drastica e retroattiva riduzione degli incentivi ha ricevuto una risposta dai toni inaccettabili. Avevo inoltre espresso perplessità sulla revisione, oltretutto a ridosso di fine anno, di un prodotto strategico come “Genera Impresa”, segnalando i possibili disagi operativi per colleghi e clienti. Questo mio dissenso, legittimo e motivato, è stato definito in uno scritto “al limite del lecito”. Chi rappresenta i colleghi non può essere etichettato in questo modo solo per aver espresso opinioni e per aver esercitato il proprio ruolo di tutela».

A tutto ciò si aggiunge un dato oggettivo: ben oltre 80 agenzie del GAAT non esistono più.

«Non è una mia opinione ma un fatto che ben oltre 80 agenzie del Gaat non esistono più. Un numero che conferma le mie preoccupazioni», sottolinea Salvi, «nonostante la dichiarata qualità delle relazioni della compagnia con le agenzie facenti capo al modello professionale. Avevo precisato formalmente a Generali già nel giugno del 2024 che “la mia presenza a quei tavoli non deve essere e non è quindi per allinearmi o subire politiche poco mirate ad un modello distributivo professionale che in Generali è oggi particolarmente trascurato. Si privilegiano infatti le agenzie “strutturate” (sostenute da “consistenti” aiuti: incentivazioni, ecc.), si guarda alla vendita massiva nel vita o nel retail, realizzabile appunto solo con sottoreti di vendita ben strutturate e finanziate. I risultati di quelle agenzie basate invece sul lavoro personale arduo e prezioso sono considerati quasi con sufficienza: non in linea con il modello di compagnia”. Un sistema che ha scelto di indebolire un modello di agenzia storicamente solido e radicato. L’azienda, tra qualche anno, sono certo che rimpiangerà il valore che ha contribuito a disperdere. Ritengo che non sia una scelta strategica né politica lungimirante, soprattutto considerando la nota (e sistemica) difficoltà nel trovare giovani disposti a intraprendere questo mestiere. Più di 80 agenzie che non esistono più danno ampia ragione al mio allarme, ma nulla o poco è cambiato da allora. Anzi, si sono aggiunti toni e comportamenti sempre più intransigenti nei miei confronti. Chi rappresenta i colleghi non può accettare di essere etichettato come “al limite del lecito” solo perché esprime dissenso motivato e documentato. Libertà di parola e ruolo sindacale non sono negoziabili».  

Otto presidenti, un tavolo e nessuna sintesi reale

Negli ultimi anni, la rappresentanza si è progressivamente svuotata di significato.

Il meccanismo che prevede la presenza simultanea di otto presidenti di gruppo su uno stesso tavolo – ciascuno con interessi e strategie differenti – rende impossibile una dialettica reale. Non è una questione di persone, ma di sistema: il confronto si è ridotto a una sequenza di posizioni formali, priva di quella coralità e concretezza che dovrebbero animare la voce comune degli agenti.

«Non intendo più prestarmi a un meccanismo che rischia di ridurre la nostra funzione a una mera ratifica di decisioni già prese. Dopo 25 anni di seria rappresentanza sindacale non intendo permetterlo. Per cambiare rotta occorre fermarsi e riflettere».

Secondo Salvi, la strada per tornare a un dialogo alla pari passa anche attraverso una riflessione sul modello di rappresentanza.

«Forse», aggiunge, «è tempo di valutare l’idea di una rappresentanza unica, come già avvenuto in altre realtà del settore, evitando la frammentazione attuale. Oggi non credo che gli agenti Generali possano permettersi il lusso di sette gruppi agenti separati con il rischio di indebolire la voce dei colleghi».

Un ruolo che deve essere centrale

In questo contesto, i gruppi agenti rischiano di diventare un semplice cuscinetto tra azienda e rete, anziché una voce critica e propositiva.

«Le decisioni prese senza reale condivisione tra le parti – spesso con impatti concreti sul lavoro quotidiano – hanno trasferito e trasferiranno sempre più sulle agenzie una crescente mole di oneri gestionali e amministrativi, riducendo efficienza e serenità operativa».

Il GAAT ritiene necessaria una nuova stagione di dialogo trasparente e autentico, che riporti le persone e la rete al centro delle strategie evitando che vengano schiacciate dal peso di procedure sempre più complesse e vincolanti.

È anche un momento di grandi cambiamenti di mercato – e non solo – che coinvolgono assetti azionari e le possibili nuove strategie industriali non possono prescindere dagli agenti, che rappresentano un valore essenziale per la compagnia.

Parliamo di professionisti radicati nei territori, con relazioni dirette e profonde con i clienti e con una capacità imprenditoriale che ha contribuito in modo decisivo alla crescita dell’azienda.

È più che mai il momento di affermare con chiarezza, dentro e fuori la compagnia, che qualunque governance, attuale e futura, dovrà riconoscere e valorizzare ciò che gli agenti rappresentano, senza mai ridurre questo patrimonio a una mera logica finanziaria o a modelli estranei alla storia e all’identità della categoria.

Un’eredità intatta: nulla è stato svenduto, nulla è stato compromesso

«Resto orgoglioso del percorso compiuto», conclude Salvi, «dei risultati condivisi e delle battaglie condotte insieme a tanti colleghi leali e appassionati.

A loro dico: il futuro non si cambia con la rassegnazione, ma con la verità.

E la verità, oggi, è che serve un modo migliore di rappresentare e di ascoltare. La voce del singolo gruppo si confonde in un coro compiacente, conseguentemente l’ascolto della compagnia si spegne e il rispetto vero nei confronti dei gruppi scompare. Restano solo le relazioni accomodanti, basate su inchini, dove chi adula viene premiato e non resta spazio per sollevare più di tanto questioni reali.  

Forse appartengo a un’altra epoca, quella in cui rappresentare significava anche combattere – con rispetto, ma senza paura – per ciò che era giusto.

Oggi nel mondo Generali sembra prevalere un tempo di rappresentanze più docili, che confondono il timore di alzare la voce con l’equilibrio e la pace perenne con la soluzione dei problemi.

Ma la storia insegna che la condizione della categoria migliora solo a seguito di battaglie nobili e difese coraggiose. È pericoloso ridurre la rappresentanza a un compiacente complemento della compagnia, dimenticandone il ruolo di contrappeso. Quando il confronto diventa pura diplomazia, la rappresentanza perde la sua forza.

Quando torneranno i giorni in cui servirà davvero difendere la categoria, allora conteranno il coraggio, la determinazione, la preparazione e – perché no – anche la fantasia: qualità che non si improvvisano.

Personalmente posso comunque guardare il tramonto senza rimpianti, posso chiudere sereno: con qualche cicatrice, certo, ma con la certezza di non aver mai chinato la testa, consegnando il patrimonio di valori del nostro gruppo agenti ancora intatto. Nulla è stato svenduto, nulla è stato compromesso.

Ho deciso di uscire di scena, ma non di smettere di farmi sentire. Le battaglie per la categoria non finiscono qui e anzi continuerò a combatterle con la stessa libertà di sempre e con ancora maggiore determinazione».

Fabio Sgroi

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