Il Gruppo agenti di assicurazione Toro è tornato a sedersi ai tavoli (rami danni) con la compagnia seguendo quanto deciso nell’ultimo congresso di Milano. Inizia un nuovo corso? Sarà il tempo a dirlo. Intanto il riconfermato presidente Roberto Salvi non dimentica l’ultimo biennio, che ha visto addirittura il gruppo agenti scontrarsi in tribunale con la mandante Generali Italia. E il rapporto con gli altri gruppi aziendali agenti del Leone? «Bravissime persone, ma sul piano politico non abbiamo nulla da condividere…», dice.
È cominciato un nuovo corso per il Gruppo agenti di assicurazione Toro (Gaat)? Sarà il tempo a dirlo. Dopo il congresso elettivo di Milano di fine maggio scorso, che ha visto la conferma all’unanimità di Roberto Salvi (foto a lato) nella carica di presidente, la rappresentanza agenziale sta provando a voltare pagina.
Intanto ha aperto alla mandante Generali Italia per quel che concerne il confronto sui danni (il Gaat è tornato a sedersi ai tavoli di lavoro) e poi si attende risultati positivi su due temi assai scottanti: il mandato unico e gli accordi integrativi. La strada è lunga, ovviamente, e ci vorrà tempo.
Insomma si guarda al futuro con moderato ottimismo, anche se, secondo quanto risulta a tuttointermediari.it, le problematiche restano. Le stesse che Salvi ha sollevato nel corso dell’ultimo congresso di Milano, dove ha dettagliatamente illustrato che cosa ha fatto il Gaat negli ultimi due anni, da marzo 2015 (assemblea di Tirrenia, Pisa) a maggio 2017.
Due anni vissuti intensamente, a tratti in apnea, con un rapporto con la mandante che spesso è stato in contrapposizione (al punto di ritrovarsi l’uno contro l’altro in un’aula di tribunale) e una relazione con gli altri gruppi agenti di Generali Italia pressoché inesistente. Perchè, quasi sempre, il Gaat ha deciso di camminare con le proprie gambe.
Perché il gruppo agenti ha una sua peculiarità, perché il Gaat è legato alla sua storia e alle sue tradizioni (la presenza di una imponente statua del toro sul palco a ogni congresso, foto sotto, è una evidente testimonianza) e perché, come sottolinea Salvi, «non si è iscritti al Gaat solo per il fatto che si è agenti Toro. Chi si iscrive al Gaat e chi rimane al Gaat è perché condivide la linea politica, il metodo e quello che il Gaat fa, fermo restando che ovviamente all’interno è giusto che vi siano idee e opinioni diverse, e un confronto che aiuti a migliorare le attività di chi cerca di rappresentare il gruppo agenti al meglio». E sul toro dice: «Non è più nobile o meno nobile di un leone: rappresenta dei valori, dei principi, un modo di lavorare che dobbiamo tutelare e conservare a prescindere dal resto del mondo che ci sta intorno. Se si è nel Gaat è perché si crede nel Gaat…». Ma torniamo agli ultimi due anni, raccontati da Salvi in modo minuzioso.
DA TIRRENIA AL…TRIBUNALE – Due anni, si diceva, vissuti intensamente e ….pericolosamente. Salvi li ha ripercorsi in lungo e in largo, partendo dalla delibera assembleare di Tirrenia, votata all’unanimità, nella quale il Gaat ha chiesto alla mandante Generali Italia «il differimento dell’avvio dell’ulteriore nuovo roll out dei rami non auto», proclamando uno stato di agitazione e invitando la presidenza del gruppo, «in mancanza di accoglimento delle richieste, ad attivare ogni e qualunque iniziativa sindacale a tutela degli interessi degli associati». E la rinuncia a partecipare all’evento Expo Generali di Milano (aprile 2015) è stata solo la punta dell’iceberg. «Siamo partiti morbidi, contro una compagnia che ci aveva messo a durissima prova fino a quel momento», ha ricordato Salvi nel corso della sua relazione. E forse nemmeno lui avrebbe immaginato da lì a poco di arrivare “giocarsela” di fronte a un giudice. In ogni caso «a metà aprile alcune agenzie hanno ricevuto la lettera con la quale la mandante ha comunicato l’inizio dell’attivazione dei nuovi sistemi. Alla fine dello stesso mese», ha ricordato Salvi, «ho portato il consiglio nazionale del Gaat a votare e ad attuare una prima azione nei confronti della compagnia. Tutti i colleghi, a eccezione di 30 agenzie, hanno scritto all’azienda che non avrebbero proceduto all’attivazione cosi come richiesto. Prima era necessario che il Gaat adottasse le sue decisioni sul tema. Abbiamo chiesto, in sostanza, di conoscere contenuti e termini dell’attività. In pratica abbiamo detto che non eravamo pronti. Ciò non è bastato e dopo questa prima azione di diniego da parte della maggior parte dei iscritti al Gaat la compagnia ci ha minacciato di procedere con un’attivazione da remoto, violentando quindi i nostri sistemi informatici».
In sostanza a fine luglio del 2015 il Gaat ha firmato un atto di diffida nei confronti della compagnia e ad agosto Salvi ha comunicato a Donnet il ricorso al tribunale, non avendo ricevuto, ha puntualizzato, alcun feedback da parte di Generali Italia. Un ricorso presentato da circa 300 agenti (200 agenzie), «tutt’altro che passivi e decisi a intraprendere questa strada dopo aver esaminato la situazione in modo razionale». Come è andata a finire?
«Sulla base di tecnicismi giuridici, il giudice (agosto 2015) sostanzialmente non si è pronunciato sulla nostra domanda. Ha emesso un provvedimento di inammissibilità della stessa», ha ricordato Salvi. «Se abbiamo vinto o abbiamo perso non lo so e non mi interessa saperlo. Certamente quella ha rappresentato l’unica azione che si poteva compiere nei confronti di chi non voleva dialogare e non voleva ascoltare. Verso questo tipo di atteggiamento dell’azienda io sostengo che è stata una azione ben fatta, di grandissimo coraggio, l’unica cosa giusta da fare, mandare un segnale di fronte a tanta arroganza dimostrata dalla compagnia. Lo abbiamo fatto per dignità, dopo che tutti abbiamo sottoscritto la delibera. Il giudice ha detto che, per trovare soddisfazione in quello che abbiamo chiesto, avremmo dovuto presentare una richiesta di danni. Noi, in fin dei conti, abbiamo chiesto solo lo slittamento di un termine; fare causa per danni avrebbe significato intaccare quel rapporto fiduciario che ci lega a Generali. Ma non era questo il nostro obiettivo…».
Il Gaat ha voluto rimarcare «l’inadeguatezza dei sistemi informatici, della formazione, l’inefficienza e la mancanza di tempestività dei servizi di assistenza, le diseguaglianze del trattamento con gli agenti generali storici. E anche l’inutilità delle commissioni», ha rammentato Salvi. «Perché il Gaat non va al tavolo delle commissioni? Perché gli incontri sono di durata estremamente breve e di natura veramente illustrativa, non idonei a sviscerare le complesse problematiche che possono insorgere in occasione di processi complessi come quelli legati alla migrazione dei portafogli. Abbiamo detto anche questo al giudice».
FRA UNA CONTESTAZIONE E UN’ALTRA – Salvi ha ricordato anche altre questioni che hanno creato frizioni fra il gruppo agenti e la mandante. Per esempio nel caso dell’iniziativa legata al rinnovo auto. «Ci siamo trovati di fronte al fatto che personale di compagnia contattava i nostri clienti 15-20 giorni prima della scadenza della loro assicurazione auto, secondo un principio, a noi sconosciuto, del silenzio-assenso. In pratica se l’agenzia non si mostrava contraria a questa iniziativa si dava per scontato il suo assenso. Ci siamo opposti dando indicazioni alle agenzie Gaat su come bloccare questa iniziativa. Altro caso è la richiesta all’agente da parte della compagnia, in sede di ispezione amministrativa, delle buste paghe dei propri dipendenti. È logica e legittima una cosa del genere? Richieste che abbiamo segnalato e contestato».
E ancora: le polizze di gruppo e i piani di agenzia della compagnia. Sul primo punto: «Diverse volte abbiamo sollecitato un incontro con la compagnia alla scadenza delle polizze di previdenza complementare degli agenti iscritti al Gaat, ma in più di una circostanza Generali Italia lo ha rifiutato. Alla scadenza ci hanno proposto una copertura provvisoria di 6 mesi con una penalizzazione per gli agenti pur ammettendo che il mancato raggiungimento di un accordo era dipeso da loro. Il risultato è stato che abbiamo inoltrato alla compagnia formale disdetta delle polizze di gruppo, che abbiamo portato in Unipol. Quindi un pezzo degli agenti Generali Italia sono assicurati Unipol…».
Sui piani di agenzia della compagnia, Salvi ha detto: «Abbiamo consigliato agli associati di non sottoscriverli, ritenendo la facoltà della compagnia di proporre il raggiungimento da parte dell’agenzia di determinati livelli produttivi un impegno unilaterale della compagnia stessa che non necessita pertanto dell’accettazione dell’agente e la sottoscrizione della relativa dichiarazione. Per noi è un passaggio importante: firmare un piano di agenzia con Generali è un atto estremamente pericoloso nei confronti della categoria sindacale e del nostro gruppo. Noi siamo imprenditori che agiscono sulla base di un rapporto fiduciario…».
ALTRI TEMI SCOTTANTI – Salvi ha ricordato anche altri temi su cui c’è stato un confronto deciso con la mandante: dall’ottenimento di un contributo sui sinistri alle regole di coesistenza delle agenzie sul territorio. E poi su Ambizione Dna. «La compagnia ha scelto unilateralmente le agenzie da invitare nonostante ci fossero delle commissioni preposte….».
ACCORDI INTEGRATIVI – Salvi, e non poteva essere altrimenti, ha relazionato anche sulla disdetta degli accordi integrativi in scadenza il 31 dicembre 2016 e l’ulteriore proroga fino al 31 dicembre 2017. «Abbiamo tentato di gestire la situazione insieme con gli altri gruppi aziendali ed è stato imbarazzante. Per parlare di mandati, accordo unico, Mog di agenzia e banca dati servono competenze legali perché si tratta di aspetti particolarmente delicati e tecnicamente difficili. Lo avevamo detto agli altri gruppi agenti e su questa posizione proposta dal Gaat tutti hanno concordato, anche firmando congiuntamente un documento. Peccato che nel corso di una riunione qualcuno l’abbia dimenticato…e il sottoscritto ha preferito abbandonare a quel punto il tavolo. Risultato? Dopo quattro mesi la compagnia ha proposto un altro tavolo di confronto fra i legali dei singoli gruppi agenti». Salvi, però, con i propri associati è stato perentorio. «Su questo tavolo siamo soli…».
IL RAPPORTO CON GLI ALTRI GRUPPI AGENTI DEL LEONE E L’APPROCCIO CON SESANA – In più di una circostanza il presidente del Gaat è stato fortemente critico nei confronti delle altre rappresentanze agenziali di Generali Italia. «Io penso che la responsabilità di questa mancanza di sensibilità in generale della compagnia nei confronti degli agenti, non sia della stessa compagnia, ma sia degli altri gruppi agenti di Generali Italia. Su alcuni punti ci siamo sentiti dire dai colleghi degli altri gruppi “la compagnia ha sempre fatto così…”. Stiamo parlando di rappresentanze che, per esempio, accettano da sempre il fatto che ci sia l’avallo della compagnia quando si tratta di nominare un subagente….Per noi del Gaat è un qualcosa di inimmaginabile. Altro esempio? Ho dovuto lottare di fronte al fatto che chi ha investito per ampliare la propria rete produttiva e ha nominato un subagente che ha dei locali si è sentito chiedere il contratto trilatero per il subagente. È colpa della compagnia se avviene ciò? O meglio: è solo colpa della compagnia?». Salvi ha lanciato un messaggio politico che lui stesso ha definito «forte e chiaro. È ora di finirla di dire che il Gaat non va d’accordo con il Gagi e con Confagi. Io vado d’accordo con tutti, sono tutti amici, sono bravissime persone, ma sul piano politico non so che cosa possa condividere con loro…».
E su Marco Sesana, country manager e amministratore delegato di Generali Italia: «Si è dimostrato molto disponibile nei confronti del Gaat e del sottoscritto», ha detto Salvi. «Non ho da rimproverargli un atteggiamento ostile nei nostri confronti, nonostante le vicissitudini legate ai contenziosi. Nella sostanza ho trovato un grande rispetto verso di noi. Abbiamo elaborato un documento con tutta una serie di aspetti su cui intervenire: contrattualistica, prodotti, segnalazioni, contabilità, scorrettezze dei nostri colleghi, auto e altro. La compagnia si è detta pronta a esaminarli…».
Fabio Sgroi
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