La conferma arriva anche da una indagine di Zurich.
Negli ultimi quattro anni, le Pmi italiane hanno mostrato una consapevolezza crescente nei confronti di attacchi informatici. La percezione del rischio legato al cybercrime è cresciuto sensibilmente, passando dallo 0,8% al 10%, mentre il timore di attacchi alle reti informatiche è aumentato dal 3,2% al 14%. È quanto emerge dalla quarta edizione dell’indagine internazionale di Zurich su rischi e opportunità di business delle Pmi di 13 paesi nel mondo. In Italia, il campione su cui è stata effettuata la rilevazione è costituito da 250 Pmi (in particolare sono stati intervistati i vertici aziendali).
I dati emersi riflettono lo scenario registrato dal Clusit (Associazione italiana per la sicurezza informatica), secondo cui il cybercrime è cresciuto del 30% nell’ultimo anno e sono aumentati del 39% gli attacchi con finalità di spionaggio informatico, con conseguenze per le imprese che vanno dalle richieste di indennizzo per la violazione di dati sensibili, alla perdita di reputazione fino all’interruzione dell’attività. Il numero di attacchi registrato è infatti il più alto dell’ultimo quinquennio, con circa 1.012 nel 2015 (contro gli 873 del 2014).
Tenere sotto controllo i sistemi informatici, ha spiegato Zurich in una nota, «è dunque diventato un tema strategico per le aziende, tanto più che, con l’adozione del nuovo Regolamento europeo per la protezione dei dati personali arriveranno nuovi e stringenti adempimenti, oltre a significative sanzioni per le aziende che violeranno le prescrizioni, tra cui l’obbligo di rilevare e pubblicizzare il furto d’informazioni entro 72 ore dall’evento, pena sanzioni fino al 4% del fatturato aziendale». (fs)
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