Solvency 2, revoca della possibilità di sottoscrivere polizze in un altro stato membro senza la necessità di avere una succursale in quel territorio, i programmi assicurativi globali. Per l’Associazione nazionale che raggruppa i risk manager e i responsabili delle assicurazioni aziendali i punti oscuri non mancano. Il commento del presidente Alessandro De Felice.
Con la Brexit (uscita del Regno Unito dall’Unione Europea) quale nuovo scenario dobbiamo immaginare sotto il profilo della gestione del rischio aziendale? Chi meglio dell’Anra, l’Associazione nazionale che raggruppa i risk manager e i responsabili delle assicurazioni aziendali può meglio rispondere a questa domanda.
La preoccupazione per una possibile vittoria del leave, sottolinea Anra, era stata espressa chiaramente già nelle scorse settimane, da più fonti. Ferma (Federation of european risk management associations) si era fatta portavoce dei timori della comunità dei risk manager, mentre all’inizio della settimana 20 associazioni assicurative europee, esprimendo l’opinione condivisa dalla maggior parte del settore, avevano sottoscritto una lettera a supporto del remain, spiegando le ragioni per cui questa scelta sarebbe stata la più conveniente sia per i professionisti inglesi sia per quelli europei. A favore della permanenza in Europa erano anche, sul territorio britannico, molti gruppi influenti quali i Lloyd’s, l’International Underwriting Association, la British Insurance Brokers Association e l’Associazione degli Assicuratori Britannici.
CRITICITA’… – «L’esito del voto si ripercuoterà sul loro operato sotto diverse prospettive», fa notare Alessandro De Felice (nella foto), presidente di Anra. «Fra quelle che destano maggiore preoccupazione c’è l’aspetto normativo. Fino ad adesso gli assicuratori inglesi hanno dovuto seguire le regolamentazioni imposte dall’Ue, fra cui Solvency II, ma come si muoveranno nei prossimi anni? Un altro punto oscuro è legato alla probabile revoca della possibilità, finora concessa ai professionisti inglesi in virtù del loro status europeo, di sottoscrivere polizze in un altro stato membro senza la necessità di avere una succursale in quel territorio. Sono da considerare anche le implicazioni sui programmi assicurativi globali. Le leggi sulla libera circolazione dei servizi in Europa permettono alle aziende, qualora una polizza offerta da un sottoscrittore locale sia non adeguata o troppo onerosa, di rivolgersi ad operatori di altri paesi, anche per assicurare rischi locali. Se le barriere commerciali verranno ripristinate, è molto probabile che quest’opzione non esisterà più. Sulla base di tali ragionamenti, e con il timore che la Brexit possa danneggiare pesantemente il mercato londinese, già prima del voto molti grandi player internazionali, quali ad esempio Aig e Aon, avevano paventato la possibilità di spostare il proprio centro operativo da Londra ad altre città».
…MA ANCHE OPPORTUNITA’ – Tuttavia, secondo De Felice, «la Brexit non deve essere vista solo come un rischio, ma anche come un’opportunità per il settore assicurativo. Qualora si ponessero delle condizioni di facilitazione gestionale e burocratica, l’Ivass dovrebbe sfruttare l’occasione per adeguarsi agli standard dell’ente omologo UK, per esempio snellendo le procedure, così da attrarre investimenti del settore e sedi di servizi assicurativi in libera prestazione».
I TIMORI PER LE AZIENDE – Per l’Anra, la preoccupazione per le conseguenze del “leave” è forte anche tra le aziende, molte delle quali nei mesi scorsi hanno strutturato dei piani di emergenza per fronteggiarne le conseguenze. «I timori non si limitano all’andamento finanziario del mercato, tra i primi a risentire della decisione», sottolinea una nota dell’associazione. «Le incognite riguardano anche, ad esempio, l’area delle risorse umane: le compagnie internazionali dovranno rivedere la situazione legale dei propri dipendenti nel Regno Unito, discutendo su nuove basi le questioni salariali e di migrazione. Ci saranno probabili cambiamenti nelle tasse e nei dazi. Le operazioni di fusione e acquisizione attualmente in fieri dovranno essere ristrutturate su nuove basi. Sono tutti aspetti che influenzeranno l’operato dei risk manager, chiamati a supportare le proprie aziende nei prossimi due anni di fronte ai nuovi scenari che si stanno delineando».
Fabio Sgroi
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