Le tensioni globali spingono le grandi imprese a ridurre gli investimenti pianificati. I risultati di un sondaggio di Willis Towers Watson e Oxford Analytica.
A causa delle crescenti instabilità geopolitiche che stanno causando un incremento dell’esposizione ai rischi politici, il 55% delle società con un utile annuo maggiore di 1 miliardo di dollari ha registrato almeno una perdita superiore ai 100 milioni di dollari legata proprio ai rischi politici. È quanto emerge da un sondaggio condotto da Willis Towers Watson e Oxford Analytica, che hanno intervistato i senior executive di oltre 40 aziende a livello globale (la maggioranza era costituita da aziende presenti sulla Forbes Global 500 e principalmente basate in Nord America, Europa e Giappone) in differenti settori di attività, per analizzare la loro risposta all’instabilità politica globale attuale.
Il sondaggio ha evidenziato che il 60% delle aziende ha individuato nei tassi di cambio la principale perdita da rischi politici, seguita dalla violenza politica (48%) e dagli embarghi sull’import/export (40%), che le principali minacce geopolitiche sono state rappresentate dalle politiche sanzionatorie americane, dalle crisi sui mercati emergenti, dal protezionismo e dalle guerre sui dazi, oltre che dal populismo e dal nazionalismo, che se Russia e Vietnam sono stati citati più frequentemente come i paesi in cui si sono verificate le perdite, se ne sono registrate anche in Europa, America Latina, Asia-Pacifico, Africa e Medio Oriente.
Inoltre, il 60% degli intervistati ha affermato che i livelli dei rischi politici sono cresciuti dallo scorso anno e quasi il 70% ha dichiarato di aver dovuto ridurre l’operatività in almeno un paese come risultato diretto delle preoccupazioni per i rischi politici. Oltre il 70% ha anche segnalato di aver ridotto gli investimenti pianificati come risultato diretto delle preoccupazioni per i rischi politici.
Le aziende di maggiori dimensioni sono state quelle che più frequentemente hanno fatto riscorso a strategie di esclusione: tra le aziende con utili superiori a 1 miliardo di dollari, l’82% ha dichiarato di aver ridotto gli investimenti e l’86% di aver evitato investimenti futuri. Le aziende hanno ridotto gli investimenti soprattutto in Nigeria, Iran, Russia e Venezuela.
«Il rischio politico è aumentato significativamente ed è diventato un costo ricorrente e concreto delle attività», ha evidenziato Maurizio Arecco, chief broking officer e head of specialties di Willis Towers Watson. «Se i livelli rimarranno così elevati, le aziende saranno sottoposte a una maggiore pressione da parte degli azionisti per una maggiore trasparenza sulle perdite effettivamente subite. Le aziende dovranno essere in grado di monitorare, quantificare e gestire questi rischi oltre a dover sviluppare strategie per mitigarli». (fs)
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