«Si potrebbe in questo modo favorire un forte incremento degli iscritti alla previdenza complementare, che continua a presentare numeri di adesione non certo esaltanti», ha spiegato il presidente Sergio Corbello.

Assoprevidenza insiste circa «la necessità dell’adesione obbligatoria alla previdenza complementare stabilita dai contratti collettivi, con versamento al fondo pensione sia del contributo del datore, sia del contributo del lavoratore sia del Tfr. Ciò, fatta salva la facoltà di rinuncia da parte di ogni singolo lavoratore, nel rispetto del principio di volontarietà di iscrizione». È quanto specificato in una nota.
«Sarebbe di fatto un ribaltamento della situazione attuale, che vede la volontaria iniziativa del singolo alla base dell’adesione. Secondo noi si potrebbe in questo modo favorire un forte incremento degli iscritti alla previdenza complementare, che continua a presentare numeri di adesione non certo esaltanti», ha spiegato Sergio Corbello, presidente di Assoprevidenza.
Secondo Corbello il vero ostacolo «all’adozione della formula dell’iscrizione “cogente” è sempre stato il Tfr presso le piccole imprese. Dal 1° gennaio 2007», ha ricordato, «le imprese con più di 50 dipendenti devono conferire il Tfr al Fondo di tesoreria, istituito presso l’Inps, con l’obiettivo di finanziare investimenti infrastrutturali nel Paese, ma di cui non si è mai fatto nulla, se non utilizzarlo per tappare le falle del debito pubblico. Le aziende con meno di 50 dipendenti, invece, non soggiacciono a questo obbligo: esse trattengono ancora il Tfr nei propri conti, sinora utilizzando le somme dovute ai lavoratori alla cessazione del rapporto di lavoro come autofinanziamento, tradizionalmente a basso costo. Questo è il vero punto: le piccole imprese, nei fatti, sono sempre state ostili all’ipotesi di forme di previdenza complementare obbligatorie per contratto per non privarsi del Tfr». (fs)
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