Oggi, a Roma, il presidente dell’associazione nazionale fra le imprese assicuratrici ha rimarcato, tra le altre cose, il ruolo «centrale« dell’industria assicurativa italiana nonostante una congiuntura «complessa». E ha poi snocciolato alcuni numeri del settore…
L’Ania, l’associazione nazionale fra le imprese assicuratrici, ha tenuto oggi a Roma la sua assemblea annuale. L’evento, che si è svolto presso l’auditorium Conciliazione in via della Conciliazione, è servito per fare il punto sull’assicurazione nel nostro Paese con particolare riferimento ai risultati del 2016 e non solo.
«Nonostante una congiuntura complessa, l’industria assicurativa italiana anche nel 2016 è rimasta centrale nel sistema economico e sociale», ha sottolineato Maria Bianca Farina (nella foto a lato. Sotto, la sede dell’Ania), presidente dell’Ania, nella sua relazione.
Nel dettaglio, i premi diretti raccolti sono stati pari a 134 miliardi di euro (l’8% del Pil), gli investimenti sono ammontati a 741 miliardi di euro (il 44% del Pil), le riserve tecniche, che rappresentano gli impegni assunti nei confronti degli assicurati, hanno raggiunto i 694 miliardi di euro.
La raccolta premi nei rami vita è stata di 102 miliardi di euro, in diminuzione dell’11% dopo il massimo storico raggiunto nel 2015. Il flusso netto di raccolta è stato pari a 39 miliardi di euro, lievemente inferiore a quello del 2015.
«L’assicurazione vita continua a rappresentare una delle forme più importanti di impiego del risparmio: nel 2016, le riserve tecniche sono state pari al 14,9% dello stock di attività finanziarie delle famiglie italiane, in aumento dal 13,8% dell’anno precedente. Il rendimento medio lordo riconosciuto agli assicurati dalle polizze tradizionali nel 2016 è stato pari al 3,24%», ha precisato Farina.
La raccolta premi nei rami danni è stata di circa 32 miliardi di euto (-1% rispetto al 2015). Una dinamica è il risultato di una diminuzione dei premi nel ramo Rc auto (-5,6%) e di un aumento negli altri rami danni (+2,6%).
«Si tratta, per la Rc auto, della quinta variazione negativa consecutiva: tra il 2012 e il 2016 la raccolta premi è diminuita di circa il 25%, tornando ai livelli della fine degli anni Novanta», ha affermato Farina. «In valore assoluto, il premio medio delle autovetture è diminuito in cinque anni di oltre 155 euro, scendendo da 567 euro nel marzo 2012 a 412 euro nel marzo 2017, incluse le tasse. Su un parco di quasi 31 milioni di veicoli, la riduzione di quanto pagato dagli italiani è arrivata a quasi 5 miliardi nell’ultimo anno. Il calo dei premi ha comportato una sensibile riduzione del gap tariffario, ormai pari a 100 euro, rispetto alla media di Francia, Germania, Regno Unito e Spagna. Anche se persistono differenze di prezzo nelle varie aree del Paese, riconducibili alla diversa rischiosità, i divari sul territorio italiano si sono ridotti di un terzo negli ultimi tre anni: ad esempio, tra la fine del 2013 e quella del 2016, il prezzo è diminuito del 25% a Napoli e dell’11% ad Aosta».
Per quanto riguarda gli altri rami danni, si evidenzia la crescita del ramo salute (+10%), che ha raccolto oltre 2,3 miliardi di euro. Sul fronte reddituale, il risultato del conto tecnico è aumentato nel vita, a seguito dei maggiori volumi di risparmio affidati alle compagnie; è diminuito, invece, nei rami danni.
Nel ramo Rc auto, in particolare, il risultato tecnico complessivo si è pressoché dimezzato, passando da 1,5 a 0,7 miliardi di euro, frutto di un combined ratio in aumento di 4 punti percentuali (dal 93,6% del 2015 al 97,6%) «per effetto di premi in forte calo e risarcimenti nel complesso invariati in valore assoluto. È chiaro che i comportamenti virtuosi delle compagnie, che stanno operando sul mercato con logiche di price e non price competition, trovano un limite nel deterioramento dei risultati tecnici, che potrebbero determinare in futuro condizioni economiche non sostenibili nel lungo termine. Occorre, dunque, continuare a intervenire sui fattori che incidono sull’elemento determinante dei prezzi della Rc auto, ossia il costo dei sinistri, che ancora oggi è significativamente più alto di quanto si riscontra nei principali Paesi europei».
Il presidente dell’Ania ha detto la sua anche in merito al Ddl Concorrenza che «avrebbe potuto farsi carico in misura più incisiva della lotta alle frodi e perseguire l’obiettivo di allineare la quantificazione del danno alla persona ai valori europei».
Sul piano patrimoniale, il 2016 ha fornito «ulteriore conferma della solidità dell’industria assicurativa italiana. Quello delle assicurazioni, peraltro, rimane il settore con il più alto livello di imposizione fiscale. Oltre alla tassazione ordinaria (che sconta aliquote particolarmente elevate, come nel caso dell’Irap), vi sono altre imposte particolarmente onerose, come quella sulle riserve matematiche che si traduce in un credito di imposta, oggi pari a circa 8 miliardi, che è di fatto irrecuperabile».
Per quanto riguarda la posizione patrimoniale e finanziaria delle imprese, «nel complesso emerge per le nostre imprese un indice di copertura del Solvency Capital Requirement del tutto rassicurante, pari a circa il 220%. Anche i risultati dello stress test condotto da Eiopa lo scorso anno hanno confermato la solidità e l’affidabilità dell’industria assicurativa italiana. Le nostre imprese hanno evidenziato una capitalizzazione superiore alla media europea; si sono dimostrate “resilienti” anche negli scenari, molto severi, di prolungati bassi tassi di interesse e di duplice shock sui mercati finanziari».
Nel 2016 il settore assicurativo ha dato occupazione, direttamente o indirettamente, a circa 300.000 persone. I dipendenti delle imprese assicuratrici sono 47.000, un dato nel complesso stabile rispetto all’anno precedente. «Il 22 febbraio scorso, dopo un lungo e difficile negoziato, è stato rinnovato il Ccnl per il personale dipendente non dirigente. Tra i principali temi oggetto dell’Accordo, che rappresenta un importante cambiamento rispetto al passato, sono da evidenziare le innovazioni recate in tema di impianto contrattuale dei funzionari, di disciplina dell’orario di lavoro e di operatività all’interno dei contact center», ha ricordato Farina. «Tali misure, consentendo una maggiore fungibilità delle mansioni del personale interessato e più elasticità in tema di orario di lavoro, favoriranno, sul piano gestionale, un reale ammodernamento del settore, con concrete possibilità di operare in termini più adeguati alle esigenze del mercato, secondo modalità più flessibili e con procedure più efficienti».
Per quanto riguarda le modalità di vendita dei prodotti assicurativi, negli ultimi anni, «come avvenuto in tutti gli altri Paesi europei si è assistito alla diffusione di un modello distributivo multicanale. I dati del 2016 evidenziano che, nei rami danni, gli agenti continuano a svolgere un ruolo cruciale (il 77,1% del mercato), seguiti dai broker, la cui quota (pari al 9,2%), tuttavia, risulta sottostimata in quanto non tiene conto degli affari che tali intermediari raccolgono ma che presentano alle agenzie e non direttamente alle imprese (quasi il 26% dei premi). Gli sportelli bancari e postali hanno un’incidenza del 5,5%; la vendita diretta dell’8%, di cui il 4,4% via internet e telefono. Nell’assicurazione vita il canale distributivo principale è rappresentato dagli sportelli bancari e postali (62,9%), seguiti dagli agenti (14,3%), dai consulenti finanziari abilitati (14,0%), dalla vendita diretta (8,2%) e dai broker (0,6%)», ha precisato Farina.
«L’Ania continua a dedicare ai profili della distribuzione tutta l’attenzione necessaria. Per questo, ha avviato una serie di iniziative di approfondimento sulle tematiche più rilevanti, fra cui un osservatorio che vede la partecipazione di tutte le associazioni degli intermediari assicurativi e finanziari».
Fabio Sgroi
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