Il presidente Luca Franzi: «Pensiamo sia corretto ristabilire il punto di equilibrio tra la responsabilità e la necessità di consentire al professionista e alle strutture di affrontare con coraggio, e senza timori, le sfide connesse agli incarichi più difficili, e perciò stesso forieri di rischi di insuccesso».
Garantire, anche in deroga alle disposizioni specifiche del codice civile, la piena efficacia delle coperture assicurative per le strutture e il personale sanitario anche alla luce delle modifiche organizzative imposte dalla gestione dell’emergenza coronavirus. A chiederlo alle compagnie è l’Aiba, l’Associazione italiana brokers di assicurazioni e riassicurazioni, che ha anche inviato una proposta di legge alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per limitare temporaneamente la Rc alle sole condotte dolose.
Per Aiba, tutto il Servizio sanitario nazionale sta facendo uno sforzo «straordinario» a tutela della salute pubblica, per curare i pazienti affetti da Covid-19 e cercare di bloccare la diffusione del virus. Medici, operatori della sanità e direzioni strategiche «sono ridotti allo stremo delle loro forze pur di provare ad arginare un fenomeno di portata epocale. Operano in un costante stato emergenziale, in cui è impossibile rispondere a tutti i criteri normalmente assicurati nella pratica medico-sanitaria».
«È importante che il perdurante stato emergenziale in cui operano strutture ed esercenti la professione sanitaria non venga considerato come un fattore di ‘aggravamento del rischio’ dalle compagnie», ha affermato Luca Franzi, presidente dell’Aiba. «Diversamente, si raggiungerebbe il poco auspicabile risultato di escludere dalle coperture assicurative tutte le condotte professionali svolte durante questa terribile crisi. Si penalizzerebbero così i soggetti e le strutture che più contribuiscono al contenimento e alla risoluzione della pandemia».
L’associazione dei broker fa notare come la pressione cui è sottoposto il sistema sanitario, con gli ospedali in crisi a causa delle terapie intensive oltre la capienza massima e una domanda che, purtroppo, continua a crescere, renda «necessarie alcune misure, anche drastiche, come l’adozione di soluzioni logistiche insolite e procedure di acquisto di dispositivi e macchinari essenziali semplificate». L’elevato e crescente numero di casi che necessitano ospedalizzazione, poi, «rende insufficiente il personale sanitario, in particolare quello medico e infermieristico, che viene impiegato anche in funzioni differenti dalla propria specializzazione o ancor prima di aver conseguito la specializzazione per effetto del decreto “Cura Italia”».
Questo scenario, nell’attuale contesto normativo circa la Rc di personale e strutture sanitarie, «fa presagire il rischio concreto di un’incontrollabile crescita di contenziosi che travolgerebbe il sistema sanitario, con inevitabili impatti su quello giudiziario, oltre a quello assicurativo, ove presente».
«Pensiamo sia corretto ristabilire il punto di equilibrio tra la responsabilità e la necessità di consentire al professionista e alle strutture di affrontare con coraggio, e senza timori, le sfide connesse agli incarichi più difficili, e perciò stesso forieri di rischi di insuccesso», ha commentato Franzi. «Abbiamo dunque fatto una proposta che mira a sancire straordinariamente che, per tutto il tempo di durata dello stato d’emergenza epidemiologica da Covid-19, la responsabilità di chi esercita la professione sanitaria e delle strutture sanitarie, pubbliche e private, sia limitata alle sole condotte dolose. Non è necessario lo stanziamento di fondi pubblici; è sufficiente una modifica normativa».
Fabio Sgroi
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