L’analisi ha riguardato i trend e il sentiment delle aziende (quasi 3.000) negli Stati Uniti, in Cina, Regno Unito, Francia, Italia e Germania. Due i sondaggi: prima e dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina. Ed è emerso che…
Nel 2022 i cinque principali rischi per gli esportatori saranno: energia (57%), tensioni geopolitiche (50%), strozzature nelle catene di approvvigionamento (50%), costi e carenze delle materie prime (49%) e i costi di finanziamento (46%). È quanto evidenzia Global Survey 2022 a cura di Allianz Trade (nuova denominazione di Euler Hermes), società attiva a livello mondiale nell’assicurazione crediti commerciali. L’analisi ha riguardato i trend e il sentiment delle aziende (quasi 3.000) negli Stati Uniti, in Cina, Regno Unito, Francia, Italia e Germania. Due i sondaggi: prima e dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina.
L’anno scorso, ha ricordato Allianz Trade, è stato un anno «eccezionale» per gli esportatori: complessivamente 7 su 10 hanno dichiarato un rendimento dell’export «superiore alle aspettative». La performance è stata «particolarmente forte» negli Stati Uniti e in Germania, dove rispettivamente il 75% e il 76% delle imprese ha riferito di aver raggiunto volumi di esportazione «più alti del previsto». Gli esportatori hanno dovuto adeguarsi a una nuova normalità negli scambi, in un contesto di continui lock down e strozzature dei trasporti. Per esempio, negli Stati Uniti, dove le imprese sono state maggiormente colpite da problemi di fornitura, ciò ha spinto ad aumentare le scorte (48%), cercare nuovi fornitori (45%) e puntare verso nuovi mercati di esportazione (43%) per stimolare la crescita.
In Francia, Italia e Regno Unito più di un terzo degli esportatori ha riferito di essersi rivolto a nuovi fornitori per gestire le discontinuità della catena di fornitura, mentre in Germania il 39% degli esportatori si è concentrato su nuovi mercati di esportazione, soprattutto quelli più vicini come Francia e Spagna.
Che cosa si aspettano gli esportatori per il 2022? Prima del conflitto in Ucraina le imprese sembravano convinte che il 2022 avrebbe portato loro ancora più opportunità del 2021. Complessivamente il 94% prevedeva un aumento del fatturato dall’export e il maggiore ottimismo si concentrava in Francia e in Italia (97%). La maggior parte degli esportatori pianificava di espandersi verso nuovi mercati nel 2022 (79%), soprattutto le aziende cinesi e americane (92% e 84%).
La guerra ucraina e le sanzioni contro l’economia russa hanno cambiato tutto e la quota di intervistati che prevedono un aumento del fatturato dalle esportazioni è scesa dal 94% al 78%. Secondo più della metà degli intervistati europei, il rischio di mancato pagamento aumenterà nei prossimi 6-12 mesi.
L’esposizione degli esportatori al rischio di mancato pagamento, ha fatto notare Allianz Trade, «sembra essere recentemente aumentata». Il sondaggio ha evidenziato che negli ultimi 12 mesi gli insoluti hanno avuto un impatto «da moderato a significativo» sulle esportazioni di quasi il 60% delle aziende, registrando l’incidenza maggiore in Francia (66%), Cina (65%) e Stati Uniti (58%). Inoltre, nonostante la ripresa economica del 2021, l’accumulo di liquidità di molte aziende e il recupero del commercio globale, il 50% degli intervistati segnala un allungamento dei tempi di pagamento nel 2021, soprattutto in Francia (62%). Per Allianz Trade è «interessante notare che tra le imprese in cui è stata avviata la digitalizzazione (con la prevista semplificazione delle transazioni), il 58% degli intervistati ha registrato tempi di pagamento ancora più lunghi».
Come faranno le imprese a finanziare le ambizioni del 2022? Prima della guerra in Ucraina, i flussi di cassa erano la principale fonte di finanziamento per più della metà degli esportatori (53%), seguiti dai prestiti bancari (49%) e dal credito concesso dai fornitori (36%). La quota di esportatori che prevedeva di usare il contante era più alta nel Regno Unito (64%), seguita da Stati Uniti (57%) e Cina (54%).
Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, il 44% degli esportatori europei ha riferito di «voler cercare più investimenti per svilupparsi a livello internazionale di quanto non pianificasse in precedenza, probabilmente con l’obiettivo di diversificare i mercati piuttosto che ritirarsi dal gioco o ridimensionare, sulla scia della guerra, le ambizioni di esportazione». Tuttavia, il 15% delle imprese non prevede di investire o ridurrà i piani di investimento a causa del conflitto.
Fabio Sgroi
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