venerdì 12 Settembre 2025

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RISCHI CATASTROFALI: LA PERCEZIONE DELLE AZIENDE IN UNA INDAGINE DI ANRA E DI TRE UNIVERSITA’ ITALIANE

Il 96% delle aziende assicurate si affida a una polizza generica; solo il 17% adotta misure più mirate. E sui Cat bond l’opinione è…

 

Quasi il 62% delle aziende italiane ha una «buona» consapevolezza di essere esposta a possibili rischi catastrofali. Quattro imprese su dieci, inoltre, si considerano vulnerabili su più fronti, in particolare quelli tipici di un’area idrogeologicamente complessa come terremoti ed alluvioni. Nonostante la percentuale di aziende che si sono dotate di strumenti per la copertura di questa tipologia di rischi sia in linea con il dato precedente (60%), la quasi totalità di queste (96%) si avvale genericamente di una polizza assicurativa all-risk o multirischio. Tra i rischi coperti, spiccano quelli del ramo property (79%), interruzione di attività (52%) e casuality (34%). È quanto evidenziato da una indagine che Anra (Associazione nazionale dei risk manager e responsabili assicurazioni aziendali) ha condotto con l’Università degli Studi di Milano, Università di Parma e Università degli Studi di Firenze.

L’indagine ha fatto emergere come sia ancora «significante» (40%) la percentuale di aziende che non ha mai acquistato alcun tipo di copertura per rischi catastrofali, percependo come trascurabili le conseguenze e i danni eventuali derivanti da eventi atmosferici o idrogeologici estremi.

Quando si verificano questi fenomeni, ha evidenziato l’Anra, i danni economici sono ingenti: il 22% delle aziende intervistate ha dichiarato di aver subito danni catastrofali che hanno causato una perdita diretta tra i 5 e i 10 milioni di euro (17%) o addirittura superiore ai 50 milioni di euro (10,4%). A tutela del proprio business è sempre più necessaria un’attenta analisi dei rischi e azioni di prevenzione delle perdite con ritenzione del rischio residuo, siti di disaster recovery e piani di continuità operativa: una serie di misure implementate soltanto dal 17% dei rispondenti.

Tra le ragioni che possono incoraggiare o spingere all’uso di prodotti assicurativi per le “catnat”, oltre all’aumento delle catastrofi naturali dettate dal cambiamento climatico, l’indagine ha rilevato la necessità di garantire la continuità aziendale, oltre alla presenza di incentivi o contributi governativi per chi decide di ricorrervi, obblighi normativi e aumento della consapevolezza dell’esposizione al rischio.

La ricerca si è posta l’obiettivo anche di analizzare, dal punto di vista economico e giuridico, lo strumento dei Cat bond (catastrophe bond, obbligazioni che svolgono la funzione di trasferire il rischio di un evento catastrofico eccezionale, come un uragano, un terremoto o una pandemia, da un soggetto che li emette a un altro che viene remunerato per sopportare questo rischio), cercando di capire perché non è ancora diffuso in Italia. Dai dati raccolti è emerso come uno dei principali problemi sia la scarsa conoscenza di questi strumenti non solo tra le aziende, ma addirittura tra gli operatori del settore assicurativo: fra le società rispondenti attive in questo ambito, la stragrande maggioranza (82%) non è a conoscenza delle caratteristiche dei Cat bond emessi, o dichiara di non poterle divulgare. Quasi la metà degli assicuratori inoltre non ha alcuna familiarità con lo strumento, o lo ritiene complicato da comprendere e di conseguenza da offrire ai clienti.

Dal punto di vista finanziario, rispetto alle coperture assicurative, i Cat bond garantiscono vantaggi economici ma, secondo Anra, è ancora necessario lavorare sul metodo di determinazione del pricing e sulla sua trasparenza nei confronti delle aziende clienti.

In Italia, inoltre, esistono dei vincoli giuridici che possono giustificare il limite sia alla domanda, sia all’offerta di obbligazioni Cat come possibile alternativa alle coperture assicurative. (fs)

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