Comunicazione costante, scelta mirata degli argomenti da postare, programmazione delle tematiche. Ecco le evidenze di un’analisi fatta dall’Università Bocconi di Milano.
Se c’è ancora qualche intermediario assicurativo che nutre dei dubbi sul fatto di essere presente o meno sui social media e in particolare su Facebook farebbe bene a dare un’occhiata ai risultati di uno studio curato dall’Università Bocconi di Milano, dal titolo Intermediazione e comunicazione nel periodo pandemico, il ruolo dei social media, condotto dall’Observatory on The Insurance Market diretto da Patrizia Contaldo.
Lo studio, come si evince dal titolo, ha analizzato la comunicazione verso la clientela da parte di compagnie e intermediari attraverso Facebook, nel periodo di lock down da febbraio 2020 a maggio 2020. Perché Facebook? «Perché questo social è stato il mezzo più immediato e più facile da valutare relativamente all’attività che hanno posto in essere gli intermediari come l’elemento per mantenere attiva la relazione con i propri clienti in un momento in cui si era forzati al distanziamento», ha spiegato Contaldo, che è anche docente del Centro Studi Baffi – Carefin presso l’Università Bocconi e che ha presentato lo studio durante l’ultimo osservatorio europeo degli intermediari assicurativi di Cgpa Europe.
Il campione che è stato analizzato è stato “costruito” attraverso una ricerca delle pagine Facebook degli intermediari che avessero un numero significativo di post nel periodo febbraio – maggio 2020 e almeno un centinaio di fan ai fini della possibilità di valutare le reazioni (like, condivisioni, commenti).
Le agenzie analizzate fanno riferimento a 11 compagnie (Amissima, Aviva, Axa, Cattolica, Generali, Groupama, Reale Mutua, Sara, UnipolSai, Vittoria, Zurich) che rappresentano oltre il 60% del mercato per raccolta premi e i post oggetto dello studio della Bocconi sono stati quasi 5.000.

I promotori dello studio si sono avvalsi di analisi di tipo qualitativo (come la valutazione dei contenuti ai fini del campionamento, l’analisi delle reazioni ai post in riferimento al tema pandemico e il confronto con alcuni presidenti di gruppi aziendali agenti) e quantitativo.
Da quanto è emerso dallo studio, gli intermediari, in particolare, hanno raccontato come comunicazione social temi inerenti il business focus sulle modalità di fruizione dei servizi per il cliente nelle differenti fasi pandemiche («Hanno saputo ben comunicare il tema della pandemia», ha precisato Contaldo) con piani editoriali articolati e con enfasi, manifestando una certa prossimità al cliente, con ampie differenze di focalizzazione.
«A nostro giudizio, gli intermediari sono stati molto bravi a mantenere un contatto diretto con i clienti», ha sottolineato Contaldo. «Un filo rosso che non si è interrotto nenche nei week end, con un piano editoriale diversificato e argomentando uno story telling con temi differenziati: c’è chi si è focalizzato più su temi tipici del Covid (rispetto della distanza e altro) elencando per esempio i ristoranti o le associazioni di volontariato che nella zona offrivano il servizio a domicilio. Al centro della comunicazione anche i temi legati al business. C’è chi invece si è focalizzato più sul business e sul valore della protezione, trattato spesso in modo non scontato». Per quanto riguarda lo stile della comunicazione (che ha seguito anche una programmazione ben precisa, come per esempio temi inerenti il business e il Covid 19 durante la settimana, leasure nei week end) sono stati utilizzati toni pacati e amichevoli e anche professionali.
I follower, evidenzia lo studio, hanno apprezzato questo tipo di comunicazione, condividendo le diverse iniziative.
L’esperienza ha dimostrato che «la relazione compiuta fatta di intensità ed experience positiva rimane un fattore di soddisfazione per il cliente e rappresenta un filo rosso di retention nel tempo. E i social sono uno dei tanti strumenti operativi che aiutano a costruire questo tipo di relazione. Vanno gestiti con adeguatezza, coerenza e pianificati come le altre attività. Determinate è la sensibilità che ogni intermediario sviluppa nei confronti del proprio territorio e dei propri follower / clienti».
Fabio Sgroi
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