venerdì 12 Settembre 2025

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RESPONSABILITA’ PROFESSIONALE MEDICA E RESPONSABILITA’ PENALE: IL DIBATTITO E’ APERTO

È stato uno degli argomenti affrontati nel corso di un recente convegno organizzato a Lecce da Unimeier, l’Università di medicina integrata, economia e ricerca.   

Il convegno organizzato da Unimeier a Lecce

La responsabilità professionale medica e responsabilità penale: dalle prime pronunce all’art. 590 sexies c.p. È stato uno degli argomenti affrontati nel corso di un recente convegno organizzato a Lecce da Unimeier, l’Università di medicina integrata, economia e ricerca.

Moderatore della tavola rotonda proprio su questo tema è stato Paolo Vinci, avvocato a Milano e docente dell’università Meier. Vinci ha esordito evidenziando alcuni dati statistici, partendo da una recente ricerca (febbraio 2019) di Consulcesi, in base alla quale il 95% dei procedimenti penali a carico di medici registra un esito a loro favorevole e, di questi, il 30% si ottiene già nella fase di indagini preliminari.

Un altro studio (2016) a cura del presidente Carlo Giuseppe Brusco, della IV Sezione Penale della Corte di Cassazione, ha analizzato i procedimenti di legittimità che riguardavano i medici negli anni 2013-2015. È emerso che su 250.000 medici iscritti all’albo in Italia, soltanto poche decine di casi sono arrivate al vaglio del giudice di legittimità. In pratica, in questi tre anni i casi sono stati solo 178: 67 nel 2013, 56 nel 2014 e 55 nel 2015.

«Sono numeri molto confortanti, nonostante grandissime preoccupazioni degli esponenti della classe medica», ha osservato Vinci. «Quasi l’80% dei medici, secondo la Commissione Parlamentare di inchiesta sugli errori sanitari, avverte il rischio di poter subire procedimenti giudiziari. Questo timore, fondato o meno, genera anche delle conseguenze particolarmente importanti in termini economici, con specifico riferimento alla medicina difensiva e ai suoi costi».

Roberto Tanisi

Proprio sul tema della medicina difensiva, Roberto Tanisi, presidente della Corte d’Appello di Lecce ha illustrato una serie di evidenze e pronunce giurisprudenziali che hanno marcato «un chiaro perimetro in questa materia» e palesando che, alla luce della legge Gelli, «questo timore della classe sanitaria non è del tutto fondato».

La colpa medica, in ambito penale, infatti, «nasce con una sorta di “peccato originale”, dal quale solo di recente il legislatore ha cercato di redimerne la disciplina: non c’erano disposizioni di legge ad hoc e si applicavano, dunque, gli articoli del codice penale che disciplinavano le lesioni personali e l’omicidio (per quanto riguarda, ovviamente, le ipotesi di danno alla persona). Non c’era nessun riferimento all’intensità della colpa, che nel diritto penale non era un criterio per stabilire se un fatto costituisse, o meno, reato, ma solo un criterio per commisurare la pena». È stato solo «grazie agli interventi dei giuristi e di tutti quei bravi magistrati di merito che, con le loro sentenze, hanno marcato un solco evolutivo giurisprudenziale e dottrinario, permettendo lo sprigionarsi di un dibattito tecnico che noi “addetti ai lavori” abbiamo vissuto negli ultimi lustri e, specialmente, in quelli a cavallo dei due secoli».

Con la legge Balduzzi, nel 2012, si è introdotta una normativa ad hoc per disciplinare le ipotesi di delitti commessi nell’esercizio dell’arte medica. La legge introduceva un’esimente in base alla quale “l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene alle linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, non risponde penalmente per colpa lieve”. Il legislatore introduce così, per la prima volta, una legge che disciplina la materia e considera la gradazione della colpa come un requisito per affermare la sussistenza o meno di penale responsabilità.

Spunti, questi, affrontati nel corso del dibattito da Elsa Valeria Mignone, procuratore aggiunto della prucura della Repubblica di Lecce, che ha parlato di colpa medica penale, con riferimento alle tematiche anteriori “al principio” (cioè alla legge Gelli e prima ancora alla legge Balduzzi) e quelle attuali, focalizzando poi l’attenzione sia sul nesso causale, sia sull’elemento controfattuale che diviene fondamentale ai fini dell’affermazione della responsabilità. E poi alcuni punti interrogativi generati dalla Gelli. Quali sono le linee guida? Quali, tra le tante, devono assurgere a “credo istituzionale”? Che requisiti devono avere per assurgere a causa di giustificazione della condotta colposa del medico?  E ancora, quale tipologia di colpa permette all’esimente di operare?

È compito della dottrina e della giurisprudenza interpretarla, «nel senso che non ogni tipologia di colpa fa operare la scriminante, ma solo l’imperizia (in caso di negligenza e imprudenza non ha senso nemmeno il riferimento alle linee guida)».

Da sinistra: Paolo Vinci ed Elvia Belmonte

Matteo Caputo, docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, è intervenuto proprio su questi dubbi. «La mancata specificazione di un concetto condiviso ed univoco di linea guida ha, però, creato non pochi problemi, dal momento che l’indeterminatezza cozza con il principio costituzionale della tassatività della legge penale. È su questo substrato che nasce la Legge Gelli, che abroga l’art. 3 della legge Balduzzi e introduce l’art. 590-sexies del c.p., che recita: “se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma. Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”».

Sparisce, quindi, la distinzione tra colpa lieve e colpa grave: il medico imperito, che abbia osservato le linee guida adeguate, anche se gravemente in colpa, non sarà punito. Ma come può un medico essere gravemente in colpa se ha seguito le linee guida accreditate e queste si attanagliavano al caso concreto? Su questo ha risposto Roberto Vaglio, medico legale a Lecce: «Se non coesistono le tre condizioni non opererà né la Gelli, né la Balduzzi, perché l’articolo 3 è stato abrogato. La disciplina è, dunque, molto più severa rispetto alla Balduzzi, che in virtù del principio del favor rei, continuerà ad applicarsi per i fatti commessi durante il periodo della sua vigenza».

Elvia Belmonte, avvocato a Lecce, ha evidenziato che «forse la Gelli, rispetto alla Balduzzi, se da un lato rappresenta una via di uscita per i sanitari (vedi la ”salvezza” sotto il profilo dell’imperizia in presenza di osservanza di linee guida), dall’altro, è peggiorativa in chiave di abrogazione dell’art. 3».

Per Luigina Fiorenza, avvocato a Lecce, sempre con riferimento alla Gelli, occorre necessariamente «imprudenza affinché ci sia responsabilità penale, non essendo sufficiente la imperizia allorquando vengono seguite le linee guida». (fs)

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