sabato 01 Novembre 2025

Il mondo dell’intermediazione assicurativa in primo piano

LUCCA, PATRON DI ASSITECA: «COSI’ CI SIAMO TRASFORMATI IN CONSULTATIVE BROKER. FUTURO? ABBIAMO UN OBIETTIVO DA RAGGIUNGERE…»

Il presidente della società di brokeraggio milanese racconta in questa intervista a Tuttointermediari.it cosa è cambiato con il cambio di filosofia adottato alla fine del 2017 e i prossimi progetti su cui sta lavorando (che riguardano, fra l’altro, l’estero, l’accrescimento delle competenze manageriali e la digitalizzazione). E sul futuro…

 

Luciano Lucca

Fra poco più di un mese mezzo compirà 72 anni, ma l’entusiasmo è quello di un ragazzino. Luciano Lucca, presidente e fondatore di Assiteca, la più grande società di brokeraggio assicurativo italiana, non ha alcuna intenzione di mollare. Anzi, continua a cavalcare l’onda come ha fatto sin dall’inizio, quando a soli 19 anni è diventato agente assicurativo di Toro Assicurazioni, prima di ricoprire il ruolo di direttore commerciale della direzione della stessa compagnia a Milano. Poi, nel 1972, il passaggio al mondo del brokeraggio assicurativo, prima con la nascita di Verconsult, società da lui stesso fondata e specializzata nel settore aeronautico e nella telefonia, e poi con l’approdo nel gruppo Gpa.

La svolta arriva nel 1982, quando ha lasciato tutti gli incarichi in quest’ultimo gruppo per fondare una nuova società di brokeraggio assicurativo: Assiteca spa, della quale ha assunto la carica di amministratore delegato e, dal 1992, anche quella di presidente. Oggi la società svolge l’attività di analisi dei rischi, consulenza, intermediazione e gestione del portafoglio e da luglio 2015 è quotata alla Borsa Italiana nel segmento Aim Italia.

In questa intervista concessa a Tuttointermediari.it, Lucca spiega come lavora Assiteca (che oggi può contare su 20 sedi in Italia, una in Svizzera e due in Spagna) e i progetti per il futuro.

Domanda. A breve chiuderete il bilancio al 30 giugno 2019. Di ufficiale c’è che nel primo semestre 2018/2019 i ricavi netti sono aumentati del 4%, l’Ebitda dell’8%, il risultato netto del 12% e l’utile netto del 14%. Siete soddisfatti o vi aspettavate di più?

Risposta. I risultati della prima parte dell’anno sono in linea con le nostre previsioni, che indicano una crescita ulteriore su tutti i fronti, quindi ricavi, Ebitda, posizione finanziaria e altro. Ormai manca poco alla chiusura dell’esercizio 2018/2019: siamo sufficientemente sereni e tranquilli di fare un buon risultato. Tra l’altro abbiamo in previsione ulteriori acquisizioni che ci permetteranno di avere una proiezione di forte incremento dei ricavi in futuro.

Luciano Lucca il giorno della presentazione in Borsa

D. L’esperienza in Borsa? Quale bilancio si può trarre?

R. Da questa operazione abbiamo avuto un grande ritorno in termini di immagine e ci ha posizionato in maniera totalmente diversa rispetto a prima. Oggi, in Italia, siamo indubbiamente il concorrente principale degli “americani” (Lucca li definisce così Aon, Marsh e Willis, ndr) e siamo riconosciuti dalle industrie. È nostra intenzione operare nel modo che il mercato ci valorizzi il più possibile.

D. Perché Assiteca si è quotata?

R. Principalmente per due motivi. Il primo è quello relativo al marketing: posizionarci, far vedere che, dietro la quotazione in Borsa, c’è un modo di fare affari, un modo di essere, in un mercato, quello del brokeraggio, dove tutti si autodefiniscono i numeri uno. Noi abbiamo voluto mettere un timbro. Il secondo motivo riguarda il passaggio generazionale: ritenevo che potesse essere utile nei confronti dei miei due figli dare loro tutti gli strumenti possibili per continuare la crescita dell’azienda. Tra gli strumenti utili, a mio parere, quello della Borsa, grazie a un facilitatore come Aim, rappresentava una opportunità da non perdere.

D. Una delle leve principali su cui Assiteca sta puntando negli ultimi anni riguarda le acquisizioni. Anche nel 2019 ha messo a segno due operazioni, in Italia e Spagna. La strategia di ampliamento per vie esterne quali risultati sta producendo?

R. Ci sta premiando molto. Dietro alle acquisizioni ci sono due obiettivi: il rafforzamento territoriale e l’arricchimento di know-how per la nostra organizzazione, che moltiplica gli effetti e i benefici. Io credo che, in questo momento di mercato, ci siano delle piccole e medie realtà del brokeraggio che hanno del know-how e che sono serie e professionali, ma non riescono a esprimere questa loro potenzialità o capacità perché non hanno le dimensioni, le strutture e le capacità per proporsi. Da una parte, la nostra è una campagna di acquisizione utile e necessaria per crescere in tempi veloci e per avvicinarci sempre di più agli “americani” come dimensione: dall’altra riteniamo che il patrimonio di grande qualità professionale non vada disperso, anzi, trovi in Assiteca delle opportunità che consentano a tutti di lavorare meglio.

D. Quale è il core business di Assiteca?

R. Come tutte le società di brokeraggio di una certa dimensione siamo strutturati per specializzazione. Chi si rivolge a noi ha due ritorni: il primo è l’inserimento in una organizzazione che pone al centro la professionalità, a differenza di tutti gli altri, che invece privilegiano marginalità e utili. Da sempre il mio impegno è di avere degli ottimi professionisti che possono contare su una serie di servizi che li aiutano e li mettono in condizione di lavorare bene e di esprimere tutte le loro potenzialità. Il secondo ritorno è la forte preparazione che abbiamo in alcuni settori specialistici, come accennavo prima, come per esempio le costruzioni, le cauzioni, gli employee benefits, tutte aree dove la competizione è molto forte e dove la preparazione è un elemento fondamentale nel dialogo con i clienti. Io ritengo che il nostro mercato cominci a presentare una certa stanchezza in termini di offerta. Oggi il broker non può essere più un tuttologo, ma deve trasformarsi in uno specialista, una figura fortemente preparata e competente anche in materia di legislatura e di regolamenti.

Un momento dell’intervista presso la sede di Assiteca in via Sigieri a Milano

D. A suo giudizio cosa manca oggi ad Assiteca? Su cosa state lavorando per colmare il gap con chi vi sta davanti?

R. Oggi ci stiamo adoperando per strutturare sempre più l’azienda, quindi portare sempre più competenze in termini manageriali. Da qui il passo importante fatto in termini di organizzazione con l’inserimento tre anni fa di un nuovo amministratore delegato, Gabriele Giacoma. Lui è arrivato dal mondo della consulenza, che poi è la direzione verso cui ci siamo indirizzati recentemente. In alcuni settori siamo leader assoluti tipo l’agricoltura e i crediti commerciali e, territorialmente, in Emilia Romagna. Per rispondere alla sua domanda su cosa ci può mancare, dico che siamo ancora un po’ distanti, in termini dimensionali, nei confronti degli “americani”. La nostra è un’attività di relazione, di passaparola e la dimensione aiuta e facilita questo. Non riteniamo di avere delle mancanze in termini di preparazione o di capacità di offerta, ma pensiamo di dover ancora crescere perché il gap è ancora molto grande.

D. Nell’ottobre del 2017 avete sposato una nuova filosofia: non più una società di brokeraggio “puro” ma una società di servizi? Come è cambiata Assiteca?

R. Credo che, oggi, la semplice offerta di intermediazione di assicurazione abbia un po’ il fiato corto, quindi evidentemente dovevamo dotarci di competenze per ampliare la nostra proposizione. Abbiamo pertanto scelto due strade: la prima, come già ho affermato in precedenza, era quella di inserire una figura che avesse un bagaglio in materia di consulenza e di esperienza importante e l’abbiamo fatto (con l’inserimento di Giacoma, ndr). La seconda era il payoff e infatti non ci definiamo più broker di assicurazione, ma consultative broker. Questo nuovo percorso ci sta dando delle soddisfazioni anche se si può fare di più. Comunque il vero passaggio fondamentale è il cambio culturale su cui stiamo lavorando e molto. Con i miei ragazzi, del resto, sono stato chiaro: senza un cambio di mentalità, fra 10 anni il rischio è quello di ritrovarsi disoccupati. Non basta più sedersi davanti a un cliente e parlare di risk management perché le aziende sempre più percepiscono che non è importante solo fare business, ma anche salvare quello che c’è in corso. I regolamenti, le normative e la stessa evoluzione del modo di ragionare costringono le aziende, oltre a strutturarsi bene su certi campi, a guardare più avanti e dunque chi compra vuole anche garanzie di prestazioni. In Assiteca, a differenza dei nostri concorrenti, la struttura di consulenza è inserita direttamente in azienda e dunque non è esterna. Oggi, sempre di più quando ci presentiamo ai clienti lo facciamo come una società di consulenza che intermedia anche assicurazioni. Quello che ci ha portato a diventare consultative broker è un percorso che abbiamo iniziato da due anni e che ci sta dando grandi soddisfazioni.

D. Quante aziende clienti annovera Assiteca?

R. Al 30 giugno 2018 erano 4.242 le aziende nostre clienti con un fatturato maggiore a 2 milioni di euro (c’è anche un 5% con un fatturato sopra i 100 milioni di euro, ndr). La società è da sempre concentrata sul middle market e questa è stata una scelta fatta a suo tempo, negli anni Novanta, quando tutti si sono indirizzati sulle grandi aziende e noi abbiamo scelto di andare su questo mercato. È stato il nostro successo.

D. Si tratta di aziende che operano tutte in Italia?

R. In gran parte sì. Tenga presente che Assiteca è membro del network Lockton Global e questo ci ha portato ad avere come clienti il 10% delle industrie americane che operano in Italia.  Inoltre seguiamo qualche centinaio di aziende italiane che operano all’estero.

D. A proposito di estero. Assiteca è presente anche in Spagna con due uffici, a Madrid e Barcellona. Come mai avete optato per il paese iberico? Avete intenzione di allargare il raggio di azione?

R. Abbiamo scelto la Spagna per affinità culturali e in questo paese vogliamo crescere, anche attraverso delle acquisizioni. Di trattative ne abbiamo diverse….Per quanto riguarda la sua seconda domanda…beh…dopo Italia e Spagna penserei al Sud America…In chiave Europa abbiamo inaugurato da poco una sede in Svizzera e un altro paese su cui stiamo ragionando è la Francia, che è il primo investitore in Spagna e il secondo in Italia. Si potrebbero studiare alleanze e partnership con operatori che ci consentirebbero di avere un network più solido.

D. Quale “dimensione” intende raggiungere Assiteca?

R. L’obiettivo è di arrivare nel 2023 a 120 milioni di euro di commissioni, ma mi accontenterei anche di arrivare a 100 milioni – 105 milioni… oggi siamo a 70 milioni.

D. E dal punto di vista strutturale? Le novità?

R. Stiamo lavorando molto sulla digitalizzazione delle nostre attività e, proprio nell’ambito della strutturazione del nostro business, da un anno a questa parte abbiamo un dirigente specializzato nel campo dell’informatica che ha il compito di digitalizzare l’azienda. Anche i nostri account, che oggi sono circa 170, sono impegnati in questo passaggio culturale che consiste nell’abbandonare il modello tradizionale, con la classica segretaria addetta al gestionale, per abbracciare un modello dove può disporre di strumenti che gli consentono di lavorare in maniera autonoma e di emettere la polizza in mobilità.

D. Già, gli account. Chi sono coloro che lavorano per Assiteca? Quale profilo hanno? Avete intenzione di ampliarne il numero?

R. Il nostro account deve “sentire” il ruolo professionale e di professionista che ricopre; non deve essere un impiegato, ma rappresentare una figura in grado di proporsi con la sua competenza e con la sua cultura. Lo vogliamo serio, lavoratore, una persona che percepisca quelle che sono le responsabilità sociali di ognuno di noi che lavora nel proprio campo. Oggi, se dobbiamo assumere qualcuno, ci indirizziamo sui giovani di 30-35 anni perché vogliamo che imparino la cultura del consulente, più di quella del broker.

D. Come giudica l’offerta assicurativa delle compagnie italiane? È al passo con l’evoluzione dei nuovi rischi?

R. Attraverso le compagnie assicurative, Assiteca intermedia circa 680 milioni di premi (dato giugno 2018, ndr). Per rispondere alla sua domanda, l’offerta ci soddisfa, semmai è il servizio che lascia a desiderare. Mi riferisco alla puntualità nelle risposte, all’esecuzione dei lavori, alla troppa burocrazia. Siamo ancora molto insoddisfatti anche se, non le nascondo, che qualcosa sta cambiando per esempio con riferimento all’atteggiamento delle compagnie nei confronti delle agenzie di assicurazione.

D. In che senso?

R. Le spiego. Prima le agenzie erano per le compagnie il loro must, il canale distributivo principale. Oggi le imprese si sono rese conto che i maggiori problemi arrivano dalla rete agenziale piuttosto che dai broker. Ci sono agenzie che lavorano bene e agenzie poco profittevoli e questo sta portando per esempio a non esserci più una contrapposizione tra agenti e broker. Sempre più spesso l’agenzia è il canale della compagnia al quale il broker si rivolge.

La sede di Assiteca

D. Assiteca è il primo broker italiano subito dopo, come li definisce lei, gli “americani”. Come si fa a competere con i grandi? Quanto è difficile?

R. Guardi, non è affatto difficile, anzi, è facilissimo. Se facciamo 10 competizioni con gli “americani” ne vinciamo 7. Dove perdiamo? Sulle aziende multinazionali… Io sono molto ottimista su Assiteca perché vediamo veramente tanti spazi e margini di crescita, più nei confronti degli “americani” che degli italiani. Tanto che gli “americani” mi comprerebbero domani mattina.. (ride, ndr).

D. Come immagina il futuro di Assiteca. Di tanto in tanto vengono fuori voci relative a un certo interesse nei vostri confronti…fino a quando resisterete?

R. Io mi sono dato tempo fino al 2023, ai “famosi” 120 milioni di euro di commissioni di cui le parlavo in precedenza. Vedremo se riusciremo a raggiungere i risultati preventivati. Contestualmente continuerò a vedere i miei due figli crescere (uno è vice presidente operativo di Assiteca in Spagna, l’altra è business controller e business innovation manager presso la sede milanese, ndr) e avranno tutto il tempo per decidere se intendono proseguire su questa strada oppure no (la famiglia Lucca detiene il 78,8% delle quote di Assiteca, ndr).

Fabio Sgroi

© RIPRODUZIONE RISERVATA

IN COPERTINA