Alessandro De Besi, presidente della Federazione europea degli intermediari assicurativi (Bipar), spegne tutte le voci pessimistiche sul futuro dell’intermediazione professionale. «Le regole saranno più stringenti, ma l’intermediario resta la fonte principale del cliente», dice in questa intervista a tuttointermediari.it.
È al suo secondo mandato consecutivo, essendo stato confermato a giugno scorso presidente del Bipar, la Federazione europea degli intermediari assicurativi. Alessandro De Besi (nella foto a sinistra), 59 anni il prossimo aprile, sa che il ruolo che ricopre è di grande responsabilità. Non solo per gli intermediari italiani, ma anche per quelli europei, visto che, come sottolinea in questa intervista a tuttointermediari.it, «la Federazione è molto ascoltata e ha ottimi rapporti con le autorità. A ogni nostra assemblea partecipano rappresentanti che parlano con noi e interagiscono attraverso uno scambio di informazioni».
Domanda. In Italia, il settore della distribuzione assicurativa è particolare perché punta molto su agenti e broker, che restano due categorie professionali distinte, mentre l’Europa spinge verso la figura dell’intermediario unico. In più c’è il fenomeno della disintermediazione. Come vede questa fase?
Risposta. Innanzitutto occorre ricordare che non esiste un modello unico in Europa: in Francia, Italia e Germania permane una distinzione tra broker e agenti, nel Regno Unito l’intermediario può svolgere contemporaneamente i due ruoli a condizione di dichiarare al cliente se opera su mandato di una o più compagnie, ovvero se riveste il ruolo di intermediario indipendente. Il mercato distributivo del nostro Paese si regge ancora su agenti e broker, nonostante presenti evidenti differenze rispetto a quanto sta accadendo in Europa dove, per esempio, la figura del broker è più forte nel Nord. In Finlandia e parzialmente Svezia, Olanda, Belgio e Regno Unito, i broker, per legge, non possono percepire commissioni e ciò, anche se non si hanno dati certi, sta portando a una significativa riduzione del numero dei piccoli e medi broker. In Italia, invece, è più significativo il peso degli agenti, anche se parte dei premi sono intermediati per il tramite dei broker. L’intermediario assicurativo resta, comunque, la fonte principale del cliente.
D. Anche se c’è il pericolo disintermediazione…
R. Solo un intermediario professionista conosce tutte le sfumature delle coperture assicurative e questo gli permette di consigliare adeguatamente il fruitore finale. È un dato di fatto: gran parte degli assicurati preferisce avere ancora un rapporto stabile con l’intermediario. Sono convinto che sarà così anche in futuro, perché non credo che l’uso di internet possa supplire alla conoscenza professionale. I contenuti della formazione che facciamo sono importanti, molto tecnici e non accessibili a chi non mastica questo lavoro tutti i giorni. Del resto, abbiamo visto come in Italia i siti di vendita on line non abbiano avuto lo stesso successo riscontrato nel nord Europa e in Inghilterra.
D. Quindi, a suo parere, agenti e broker italiani non devono preoccuparsi più di tanto per il loro futuro professionale?
R. Non credo che si arrivi alla sparizione di queste categorie di professionisti. La tendenza, in Europa, è quella di unirsi anche per necessità, visto che ormai da soli non si riesce quasi più a gestire la compliance. Il professionista è, e sarà, ancora necessario e non penso possa essere sostituito da altre forme di intermediazione.
D. A che punto è la nuova direttiva sulla intermediazione assicurativa (Imd2)?
R. La presidenza italiana dell’Unione Europea ha portato avanti la propria proposta sulla posizione del Consiglio approvandola recentemente. A gennaio 2015 inizierà il dialogo a tre fra Parlamento Europeo (foto sotto), Commissione e Consiglio, allo scopo di redigere un testo finale che dovrebbe essere approvato verso la metà del prossimo anno.
D. Le novità di questa seconda direttiva dovrebbe riguardare più la tutela consumatore rispetto all’attività dell’intermediario in sé. Giusto?
R. La tutela del consumatore è l’obiettivo finale del documento. È evidente che per raggiungere questo scopo conta molto il comportamento dell’intermediario. Le regole saranno sempre più stringenti.
D. Il Bipar come si sta muovendo, in questo momento? Quali obbiettivi si è posto?
R. Il Bipar rappresenta 52 associazioni che difendono gli interessi degli intermediari assicurativi e finanziari operanti in tutta Europa e in particolare in 32 Paesi. Porta la voce unica di tutti gli intermediari presso le autorità che in Europa legiferano sui settori assicurativo e finanziario e interviene dando il proprio apporto positivo, svolgendo un’azione utile a far conoscere ai parlamentari e ai tecnici il proprio punto di vista. In sostanza, il Bipar cerca di riportare su binari ragionevoli la produzione legislativa o di regolamentazione.
D. Lei è al secondo mandato. Quale significato assume, a titolo personale, il fatto di ricoprire questa carica?
R. È stato innanzitutto un piacere per me essere stato scelto, ma soprattutto è stata dimostrata un’attenzione particolare anche nei confronti dell’Italia, tenuta da parte dalle cariche istituzionali europee. Tra l’altro, il nostro Paese esprime due dei sette componenti del management committee del Bipar, visto che anche Jean François Mossino ne fa parte.
D. Torniamo agli aspetti strettamente legati alla professione dell’intermediario. Cosa pensa della questione sulla trasparenza relativa alle remunerazioni dei servizi degli intermediari?
R. Negli ultimi 5 anni siamo stati obbligati a esporre nell’ambito del contratto auto l’importo della nostra provvigione. Un caso che ha riguardato solo l’Italia. Ebbene, sono stati pochi i clienti che se ne sono accorti; evidentemente non è un dato che interessa molto. Il cliente guarda solo il premio finale…
D. Quali sono le novità in tema di compliance?
R. Si continua a parlare di conflitto di interesse, di formazione, di obblighi che sicuramente creeranno maggiori incombenze e più alti costi amministrativi agli intermediari italiani; in alcuni casi l’Ivass ha valorizzato le nostre considerazioni, come nel recente regolamento sulla formazione che rispetto al documento in consultazione presenta molti cambiamenti positivi. Sarebbe auspicabile che la formula della dialettica aperta e costruttiva sia la direttrice per la futura regolamentazione, a evitare come è avvenuto in passato una struttura regolamentare pesante, poco efficace e non condivisa. È evidente che una delle preoccupazione del settore, e auspicabilmente anche del regolatore, dovrebbe essere il giusto trade off tra necessità di rafforzare le regole a tutela dei clienti e i costi della regolamentazione stessa.
D. Come immagina il futuro del ruolo del broker?
R. Dipende da come evolve la regolamentazione: potrebbe indirizzarsi di più verso una maggiore consulenza rispetto alla mera attività di intermediazione. Per me, però, sarebbe un danno per l’utenza e per gli stessi broker, in quanto si perderebbero quelle conoscenze del mercato assicurativo esistenti oggi.
D. Insomma, di fronte a scenari catastrofici che qualcuno di tanto in tanto descrive, agenti e broker resteranno, quindi, al loro posto?
D. Direi di sì. Non sono pessimista. Continueranno a esistere sia agenti, sia broker. I fondamentali restano quelli e i consumatori, alla fine, preferiscono avere a che fare con l’intermediario professionista.
Fabio Sgroi
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