L’ex country manager dei Lloyd’s in Italia e attuale senior vice president business development di Allied World Europe si dice entusiasta della nuova esperienza professionale a distanza di un anno dall’assunzione dell’incarico. E racconta a tuttointermediari.it quali sono i progetti della compagnia, che riguardano anche il mercato italiano.
Molti lo ricordano alla guida dell’ufficio italiano dei Lloyd’s, per i quali ha lavorato per oltre venti anni. Da poco più di un anno Enrico Bertagna (nella foto a lato) è il senior vice president business development di Allied World Europe. Il suo compito? Quello di incrementare l’offerta di prodotti e servizi della compagnia (che opera a livello mondiale), di gestire le relazioni con i canali distributivi e i broker e le strategie distributive. Come sta andando questa nuova esperienza professionale? tuttointermediari.it lo ha chiesto al manager bresciano. «Il progetto a cui sono stato chiamato si è rivelato quello che mi era stato prospettato: un’azienda molto interessante, dinamica, con grandi competenze dal punto di vista della sottoscrizione dei rischi, un team di persone molto in gamba e l’obiettivo di svilupparsi e di crescere soprattutto a livello internazionale», esordisce.
Domanda. Quale è il core business di Allied World?
Risposta. Allied World è un assicuratore e riassicuratore nei settori property & casualty. La società all’inizio trattava solo i rischi in eccesso, ma nel tempo ha allargato il suo raggio di azione anche nel campo del primary e in settori più commerciali come per esempio il mondo delle piccole e medie aziende in particolare nel mercato statunitense. Adesso sta cercando di importare questo approccio anche in Europa. Uno dei progetti strategici su cui sto lavorando, infatti, è il lancio di un prodotto cosiddetto combined per le Pmi in 8 mercati europei, che fa leva su una piattaforma on line che ci permette di sopperire alla mancanza di uffici fisici sul territorio e su una capillare distribuzione attraverso intermediari che individueremo in maniera molto selettiva, forse esclusiva, per costruire relazioni a lungo termine.
D. Si riferisce a intermediari broker?
R. Non solo broker, ma anche agenti di assicurazione. Non dobbiamo dimenticarci che il profilo dell’intermediazione nei vari mercati europei è molto variegato. Per quanto riguarda il rapporto con i broker, intendiamo diversificare la presenza di quelli multinazionali, che sono la parte più importante del nostro business, aggiungendo anche i broker indipendenti. Nel caso degli agenti, entro il terzo trimestre del 2015 testeremo un nuovo progetto in Polonia, che farà leva proprio sugli agenti locali. Questa categoria di intermediari è molto forte perché ha in mano oltre l’80% del mercato distributivo. La Polonia è un mercato che conosco molto bene avendo aperto la sede Lloyd’s nel 2008. E’ un paese che conta 40 milioni di abitanti ed è l’unico, in Europa, che cresce. È un mercato non particolarmente sofisticato, dove c’è spazio per la commercializzazione di nuovi prodotti, visto che il livello di sottoassicurazione è molto elevato.
D. Allied World Europe cerca intermediari anche in Italia?
R. Da un anno, in Italia, abbiamo avviato un rapporto strategico con Assigeco srl, società di brokeraggio con sede a Milano, su cui abbiamo concentrato parecchie delle nostre risorse e di cui siamo orgogliosi. È nostra intenzione dare la precedenza a questo rapporto per i settori professional indemnity, public officials e colpa grave.
D. Si tratta di un accordo in esclusiva?
R. No. Abbiamo rapporti di affari anche con altri intermediari assicurativi, più che altro nell’ambito della riassicurazione e dei rischi facoltativi. Per l’individuazione di nuovi partner siamo molto selettivi e comunque non abbiamo alcuna intenzione di creare sovrapposizioni interne alla nostra rete.
D. In Italia siete interessati a collaborare anche con il canale agenti?
R. Per il momento questo canale non rappresenta per noi un target strategico.
D. In sostanza, quali caratteristiche deve possedere l’intermediario Allied World?
R. Deve essere un broker che abbia una posizione forte nel settore corporate o un’agenzia di sottoscrizione con forti competenze assuntive, entrambi con una reputazione di alto livello e interessati a rapporti di lungo termine.
D. Il mercato distributivo italiano ha caratteristiche forse uniche nel panorama europeo. Potrà reggere, in futuro, secondo lei?
R. Guardi, a mio parerec’è ancora la necessità di alzare il livello di competenza degli intermediari. Quello che noto ancora oggi è che il vecchio sistema distributivo che si basava sulla quantità piuttosto che sulla competenza è ancora presente. Ciò di certo non aiuta, perché in un mercato che sta diventando più sofisticato, con clienti sempre più esigenti, il livello dell’intermediazione dovrebbe crescere di pari passo, ma io sinceramente questo sviluppo non lo vedo così evidente in Italia. È anche vero che l’adeguarsi alle novità legislative porta gli intermediari a concentrarsi meno sulle loro competenze e più sul giornaliero. Tuttavia credo che un elemento di diversificazione sia la specializzazione. Oggi fare il tuttologo è diventato complicato. È in atto una selezione naturale degli intermediari: mi auguro che questo fenomeno possa nel tempo portare anche a un incremento delle competenze.
D. Le compagnie possono fare qualcosa?
R. Dovrebbero fare la loro parte investendo più possibile nella formazione e selezione degli agenti e fare in modo che non siano dei venditori di polizze, ma consulenti a 360 gradi per i clienti. Da questo punto di vista credo che il mercato italiano sia ancora indietro rispetto ad altri.
D. Come vede il futuro dei broker?
R. Con una economia che è in crisi, ibroker italiani devono tenere duro. La sfida più forte è cercare di razionalizzare i costi mantenendo la qualità del servizio ai clienti.
D. …Anche perché i broker di piccola dimensione soffrono di più rispetto ai grandi..
R. Non è detto. Abbiamo visto dei casi di broker blasonati finiti in difficoltà. Le dimensioni non contano e non aiutano perché portano a costi di gestione molto elevati. Il piccolo broker, se è in grado di gestirsi bene e lo fa con la logica del costo del tempo, può farcela. In alternativa, come sta accadendo adesso, ha l’opzione di vendere l’azienda a broker più grandi. E questo è un fenomeno che continuerà.
D. Per concludere. Le manca l’Italia dal punto di vista professionale?
R. Mi manca perché è il mio paese. Le devo confessare, però, che professionalmente oggi mi riconosco più nel modello anglosassone che in quello italiano, ma per un fatto abbastanza ovvio: da 25 anni lavoro in questo mondo e dunque il mio pensiero è più vicino a questo modello.
Fabio Sgroi
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