L’avvocato, esperto di malasanità e direttore del Centro di assistenza vittime della strada e della malasanità nell’ambito dell’Università Meier di Milano, ha detto la sua nel corso di un convegno organizzato da Asseprim. Ecco la sua disamina…
La legge Gelli? «Si tratta di una innovazione profonda rispetto alla legge precedente, la Balduzzi, che non soddisfaceva nessuno. Adesso ci troviamo di fronte a una evoluzione effettiva, a un cambiamento radicale».
Paolo Vinci, avvocato presso lo studio legale Vinci e Associati, nonché esperto di malasanità e direttore del Centro di assistenza vittime della strada e della malasanità nell’ambito dell’Università Meier (Medicina integrata economia e ricerca) di Milano, ha detto la sua sulla nuova legge che riguarda la responsabilità sanitaria.
Lo ha fatto nel corso di un convegno dal titolo Siamo tutti pazienti…Rc medica, chi paga? organizzato da Asseprim, che si è tenuto il mese scorso presso la sede della Confcommercio a Milano. (Nella foto a lato e sotto, un momento del suo intervento)
Vinci, nel suo intervento, è partito dal passato, cioè dalla legge Balduzzi, «che non ha portato a niente se non a un affievolimento della colpa del medico. Una legge che di fatto non soddisfaceva nessuno, non dava valore alle linee guida effettive», ha detto.
Ma è un fatto specifico che ha cambiato gli scenari. «Succede che, quattro anni fa, la prima sezione del Tribunale di Milano, per prima come tendenza minoritaria rispetto a quella dominante, stabilisce che effettivamente la tipologia della responsabilità del medico è leggermente diversa da quella della struttura; quando lavora nell’ambito della struttura potrebbe essere una responsabilità di tipo extracontrattuale. È una voce minoritaria, ma forte. E infatti la legge Gelli, sul piano civilistico, scinde la responsabilità dell’ente da quella del medico. Si tratta di elementi importanti e fondamentali. La Gelli porta a una evoluzione effettiva, una innovazione profonda rispetto alla Balduzzi, un cambiamento radicale», ha sottolineato Vinci.
L’avvocato ha ricordato quali sono gli obiettivi generali che hanno portato alla nuova legge, entrata in vigore ad aprile di quest’anno, ma di fatto inoperativa in quanto si attendono i decreti attuativi: «la chiarezza in materia di responsabilità sanitaria e risolvere il problema della medicina difensiva (quel sistema dove i dottori, per mettersi a riparo da possibili contenziosi con i pazienti, propongono cure o esami specialistici, spesso inutili, in alternativa agli interventi chirurgici)».
In tema di Rc, «c’è un doppio regime di responsabilità», ha ricordato: «la struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, assume una responsabilità che ha natura contrattuale, anche per i danni derivanti dalle condotte dolose o colpose degli esercenti le professioni sanitarie; la Rc degli esercenti le professioni sanitarie assume, invece, natura extracontrattuale, quando chiamati in causa. Resta, poi, configurata come “contrattuale” la responsabilità di ogni professionista che abbia agito nell’adempimento di un’obbligazione contrattuale con il paziente».
In materia di onere probatorio, verso la struttura sanitaria «il paziente danneggiato dovrà provare il titolo (il ricovero) e l’inadempimento», mentre verso gli esercenti la professione sanitaria «il danneggiato dovrà provare condotta, evento, nesso di causalità ed elemento soggettivo».
Vinci ha inoltre richiamato una sentenza (la numero 12490 del 18 maggio scorso) della terza sezione civile della Cassazione, in base alla quale «nei giudizi di risarcimento del danno causato da attività medica, l’attore ha l’onere di allegare e di provare l’esistenza del rapporto di cura, il danno ed il nesso causale, mentre ha l’onere di allegare (ma non anche di provare) la colpa del medico; quest’ultimo, invece, ha l’onere di provare che l’eventuale insuccesso dell’intervento, rispetto a quanto concordato ragionevolmente attendibile, sia dipeso da causa a se non imputabile».
Per Vinci si tratta di una sentenza «in perfetta linea con quello che è il diktat della Gelli». Per quanto riguarda la rivalsa dell’ente, la legge Gelli prevede «come condizioni il solo dolo o colpa grave, come giurisdizione la Corte dei Conti (se la domanda del danneggiato nei confronti della struttura pubblica è accolta), come termini può essere esercitata solo dopo l’avvenuto risarcimento ed entro un anno dal passaggio in giudicato e come limiti la rivalsa non può superare l’importo di tre retribuzioni lorde annue del sanitario».
L’avvocato ha parlato anche degli obblighi assicurativi, sottolineando come la Gelli introduca precisi obblighi in capo a «tutte le strutture sanitarie e sociosanitarie (per la responsabilità contrattuale verso terzi e verso i prestatori d’opera, anche per i danni cagionati dal personale a qualunque titolo operante presso le strutture medesime) e al professionista sanitario (sia per colui che svolga l’attività fuori delle predette strutture o che presti la sua opera all’interno della stessa in regime libero-professionale)».
Cosa fare quindi? «Le aziende sanitarie», ha detto Vinci, «devono dotarsi di strumenti di finanziamento del rischio per risarcire tempestivamente i pazienti; in altre parole devono sapersi autogestire, gestire i sinistri dall’interno, mentre per gli operatori sanitari la strada è una: stipulare un’assicurazione sulla responsabilità professionale».
LE PROBLEMATICHE IRRISOLTE – Per Vinci sono «molte». Si parte dall’«obbligo per le aziende sanitarie di pubblicare sul sito web i risarcimenti erogati negli ultimi 5 anni», si passa dall’«asimmetria informativa, cioè le strutture che gestiscono pro-attivamente il contenzioso risultano meno virtuose, sia per la gestione del rischio, sia per i lunghi tempi della giustizia italica» e si arriva ai Sir (importo che l’assicurato tiene a proprio carico per ogni sinistro, ndr), per i quali si «attendono i decreti di attuazione».
Sempre in merito alla nuova legge Gelli, Vinci ha fatto un focus anche su cosa si risarcisce: danno emergente («spese vive sostenute per effettuare l’intervento + spese per eventuali menomazioni di tipo psicologico, qualora l’insuccesso dell’intervento estetico abbia causato uno stato tale di prostrazione psicologica da aver reso necessario il ricorso alle cure di un esperto», lucro cessante («guadagni che il paziente non ha potuto maturare in quanto degente e profitti cui ha dovuto rinunciare a causa della diminuzione della propria integrità psico-fisica») e danno non patrimoniale («lesione dell’integrità psicofisica del paziente, così come risultante a seguito dell’esperimento di specifica consulenza tecnica, secondo specifici parametri di liquidazione comprensivi anche del cosiddetto “danno estetico”»).
E riferimento anche agli oneri rimasti alle parti: «il ricorrente paga il contributo unificato, la consulenza tecnica d’ufficio e le spese legali, mentre gli organismi di mediazione (entrambe le parti) pagano le spese di mediazione, quelle legali e i consulenti».
Quello sull’incostituzionalità o no di questa legge è «un argomento estremamente importante», ha precisato Vinci, elencando i sì e i no. È incostituzionale per la lesione della ratio e della finalità della norma stessa, per il fine conciliativo che non prevale su quello istruttorio, per la lesione del diritto di difesa ex art. 24 Cost., per la tutela giurisdizionale non garantita. Non è incostituzionale per il no alla lesione del contradditorio, per la Ctu necessaria per avere contezza dell’entità del danno, per il fatto che il medico legale è inj grado di stabilire il nesso di causalità, per l’elevato grado di scientificità più economia processuale.
RESPONSABILITA’ PENALE – La legge Gelli, su questo punto, apporta «modifiche profonde, innovando moltissimo», ha rilevato Vinci, il quale ha richiamato il principio cardine della responsabilità penale (nesso causale e certezza di oltre ogni ragionevole dubbio, sentenza Franzese del 2002, «il giudice, per giungere alla affermazione della penale responsabilità, deve provare che il comportamento alternativo dell’agente avrebbe impedito l’evento con un “elevato grado di probabilità prossimo alla certezza”»).
Sul ruolo dei periti nel processo penale, per Vinci «è importante quanto il giudice, perché con la sua relazione medica, deve, in termini di nesso causale, sceverare il facere medico dell’indagato, sia in termini attivi che omissivi, deve graduare l’eventuale colpa e deve operare il giudizio controfattuale, fondamento della teoria della causalità e condicio sine qua non di qualsiasi addebito».
In sostanza, le novità della legge Gelli nel penale sono «concrete» e riguardano «l’articolo 590 sexies (responsabilità colposa per morte o per lesioni personali in ambito sanitario), nel caso di imperizia la responsabilità è esclusa (ma solo qualora siano state rispettate le raccomandazioni delle linee guida o le buone pratiche clinico-assistenziali), l’abrogazione dell’articolo 3 comma 1 della Legge Balduzzi».
Fabio Sgroi
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