domenica 19 Ottobre 2025

Il mondo dell’intermediazione assicurativa in primo piano

PREVIDENZA, SANITA’ E CALAMITA’ NATURALI: L’ANIA INDICA LE STRADE PER COLMARE IL GAP DI PROTEZIONE

All’ultima assemblea annuale dell’associazione, il presidente Maria Bianca Farina ha tracciato un quadro che delinea, in questi tre ambiti, limiti ma anche opportunità.
 

Per le imprese di assicurazione le sfide da affrontare e le opportunità da cogliere sono numerose. Ne è convinta Maria Bianca Farina (foto a lato), presidente dell’Ania, che durante l’ultima assemblea dell’associazione ha fatto il punto della situazione non solo sullo stato dell’assicurazione italiana nel 2016, ma anche sulle sfide e, appunto, le opportunità del settore.

Una di queste è rappresentata dal gap di protezione che, secondo Farina, va colmato, se si fa il raffronto con quanto avviene all’estero. E il riferimento è alle coperture assicurative contro i rischi del lavoro, della famiglia, della salute, del patrimonio.

«Il peso dei premi danni non auto rispetto al Pil, pari grosso modo all’1%, è meno della metà o addirittura meno di un terzo rispetto ad altri grandi Paesi europei», ha tenuto a precisare Farina. «In generale siamo convinti che, in questo ambito, sia necessario attuare un sistema integrato fra pubblico e privato che consenta una gestione più equa ed efficiente dei vari tipi di rischio. Il settore assicurativo da tempo si è dichiarato pronto a questa sfida. Abbiamo progetti e proposte che ci auguriamo di poter condividere con il Governo e gli altri stakeholders». Il presidente dell’Ania ha indicato, in particolare, tre ambiti: previdenza, sanità e calamità naturali.

PREVIDENZA – «I trend demografici in corso e le riforme del sistema pensionistico obbligatorio realizzate negli ultimi 25 anni hanno reso sempre più evidente la necessità di sviluppare il settore della previdenza complementare», ha detto Farina. «Le misure varate quest’anno in materia di Ape (Anticipo pensionistico) e Rita (Rendita integrativa temporanea anticipata) mirano a ripristinare un certo grado di flessibilità nelle opzioni a disposizione dei lavoratori. L’Ape, in particolare, consente ai lavoratori di accedere, prima di aver maturato il diritto alla pensione, a un anticipo dell’assegno previdenziale sotto forma di prestito garantito da un’assicurazione sulla vita. Ma c’è ancora molto da fare in tema di previdenza complementare».

Gli iscritti al sistema integrativo nel nostro Paese sono meno di 8 milioni, cioè circa un quarto dei lavoratori. «Le adesioni sono ancora scarse proprio tra i lavoratori con bisogni di welfare maggiori, come i giovani, le donne, i dipendenti delle Pmi». Nel 2016, su 4.168 miliardi di risparmio finanziario solo 151 miliardi sono stati destinati dagli italiani alla previdenza complementare: per Farina «si tratta di un’allocazione inefficiente della ricchezza, che va assolutamente corretta per evitare un ulteriore ampliamento del pension gap».

Come rilanciare le adesioni alla previdenza complementare? «Occorre, innanzitutto, accrescere la consapevolezza dei lavoratori in merito ai propri bisogni previdenziali. In questa ottica si inquadra l’iniziativa della “busta arancione”, avviata nei mesi scorsi dall’Inps. Da un’indagine specifica che abbiamo svolto di recente, è emerso come l’iniziativa in questione sia stata valutata positivamente dai lavoratori».

Ma è emersa anche «un’ampia dispersione fra i soggetti cui gli italiani ritengono di potersi rivolgere per avere informazioni e soluzioni in campo previdenziale. L’ambizione delle nostre imprese e delle loro reti deve essere quella di diventare il principale interlocutore dei lavoratori che cercano le soluzioni integrative più evolute. Occorre innovare sul fronte della comunicazione: soprattutto verso i più giovani serve un linguaggio diretto, semplice, trasparente, che faccia capire con chiarezza l’importanza di avviare sin dai primi anni di lavoro un piano di integrazione pensionistica».

Altre misure sono necessarie. Fra queste, «la revisione di alcune norme fiscali», come «la tassazione sui rendimenti, allineandoci così ai molti Paesi europei che la prevedono solo al momento della prestazione» e l’«adeguamento del limite di deducibilità dei contributi, fermo a 5.164,27 euro da più di vent’anni, eventualmente prevedendo un innalzamento per specifiche fattispecie, come i versamenti contributivi di genitori per i propri figli o di nonni per i loro nipoti».

E poi ancora la creazione di «un sistema aperto della previdenza complementare, nel quale il lavoratore sia libero di scegliere in ogni momento la forma previdenziale, garantendo sempre il versamento del contributo del datore di lavoro».

SANITA’ – Lunghe liste di attesa per accertamenti e interventi; differenze territoriali in termini di qualità ed efficienza, riduzione dei servizi nelle regioni più in difficoltà; aumento a livelli preoccupanti del numero di famiglie che rinunciano alle cure e/o all’assistenza. La spesa sanitaria complessiva è stata pari nel 2016 a circa 149 miliardi di euro, quasi il 9% del Pil. Di questi, circa tre quarti (112,5 miliardi) sono relativi alla spesa pubblica e i restanti 37 miliardi a quella privata. A fronte di una spesa sanitaria pubblica in valori assoluti sostanzialmente ferma negli ultimi anni, è in crescita quella privata. Questo è il quadro descritto da Farina.

«Il sistema sanitario italiano è, di fatto, un sistema “duale”, pubblico e privato», ha detto il presidente dell’Ania. «Ma, a differenza degli altri Paesi europei, non esiste una chiara linea di demarcazione fra l’intervento pubblico e quello privato, per cui i cittadini si trovano a dover sostenere di tasca propria anche spese per servizi sanitari che comunque sarebbero offerti dal sistema pubblico. Ne deriva una situazione poco efficiente, con un elevato livello della spesa “out-of-pocket” e un peso contenuto della spesa privata mutualizzata: le forme sanitarie integrative, incluse le assicurazioni, rappresentano infatti in Italia solo il 9% della spesa privata, a fronte di valori sensibilmente più elevati in altri Paesi europei (ad esempio, in Francia è il 67%)».

Per Farina «occorre un nuovo sistema in cui, accanto alle prestazioni pubbliche a carattere universale, si rafforzino forme sanitarie integrative, con una chiara definizione degli aspetti di intervento pubblico e privato; un sistema che incentivi la spesa sanitaria mutualizzata, sia a livello collettivo sia a livello individuale; un sistema, infine, che tratti allo stesso modo, dal punto di vista fiscale, le varie forme della sanità integrativa. Un maggior ricorso a forme sanitarie integrative si potrebbe favorire rafforzando il ruolo della contrattazione collettiva, anche in materia di protezione contro il rischio di perdita dell’autosufficienza, come già prevedono le disposizioni della legge di bilancio 2017 sul welfare aziendale».

CALAMITA’ NATURALI – «Il nostro Paese è, purtroppo, caratterizzato da un territorio altamente esposto agli eventi catastrofali», ha ricordato il presidente dell’Ania. «Da recenti indagini risulta che circa il 40% delle abitazioni è costruito in zone classificate ad alto rischio sismico. Più della metà dei Comuni italiani è esposto a un rischio elevato di frane o alluvioni. Ad aggravare lo scenario vi è la situazione del nostro patrimonio abitativo, che, per la carenza di interventi di messa in sicurezza, risulta altamente vulnerabile. È un patrimonio, inoltre, poco assicurato: circa il 40% delle abitazioni è coperto contro l’incendio; di queste, solo il 5% ha l’estensione di copertura contro il rischio sismico o alluvionale. Negli ultimi anni lo Stato ha sostenuto in media una spesa di oltre 3 miliardi di euro per la ricostruzione a seguito di un evento catastrofale. Se quella cifra fosse stata spesa, nel tempo, in misure di prevenzione del rischio, avremmo limitato il numero delle vittime e l’entità dei danni al territorio».

Farina ha detto la sua anche sull’eventuale inserimento di una copertura assicurativa obbligatoria per le nuove costruzioni. «Noi siamo convinti che ciò potrebbe favorire il rispetto dei migliori standard di sicurezza. Siamo impegnati, con le Autorità competenti, sia a definire tali standard sia a valutare le opportune modalità di finanziamento della ricostruzione».

Ania, poi, continua a spingere per un sistema misto, pubblico e privato, per la gestione ex-ante dei rischi catastrofali. «Un sistema che garantisca tempi ragionevoli di risarcimento del danno, trasparenza nelle procedure, un focus adeguato sulla prevenzione». L’Ania ha elaborato, insieme alle imprese associate, un modello di schema assicurativo per la copertura delle abitazioni. «È un modello che garantisce premi accessibili alla collettività attraverso l’adozione di misure di mutualità fra i diversi rischi e l’intervento dello Stato quale garante di ultima istanza. Ribadiamo la nostra piena disponibilità al confronto con tutti gli stakeholders».

Fabio Sgroi

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