martedì 04 Novembre 2025

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CECCHINI: «RIMPIANTI? SEMPRE MENO…E OGGI? VI DICO LA MIA SU SNA, MILANO ASSICURAZIONI, COMITATO DEI GAA, FPA E ANAPA…»

Da cinque anni non esercita più la professione di agente («fatto fuori per scelte politiche»). Oggi, Roberto Cecchini, ex presidente del Gruppo agenti Milano ed ex presidente del Comitato dei Gaa ai tempi di Tristano Ghironi si confessa in questa intervista. E parla a ruota libera di Claudio Demozzi, Vincenzo Cirasola, Dario Piana, Tonino Rosato, Alessandro Lazzaro e anche di…

 

CECCHINI Roberto 1
Roberto Cecchini

«Momenti di rimpianto o di nostalgia verso la mia professione ne ho sempre meno». Forse perché non si riconosce più in una professione, quella di agente di assicurazione, che sta cambiando repentinamente, forse perché,  sindacalista da una vita, deluso anche sotto questo punto di vista. O forse perché la sua “gloriosa” compagnia (Milano Assicurazioni) non esiste più.

Roberto Cecchini, 70 anni compiuti lo scorso 1 ottobre, accetta volentieri l’invito di tuttointermediari.it a rilasciare una intervista. Anche se da 5 anni non esercita più la professione di agente. Un addio amaro, il suo, che ricorda così: «La mia uscita non è stata programmata e proprio per questo è stata un po’ traumatica», esordisce. «Fatto fuori dall’allora direttore commerciale di Milano Assicurazioni, Paola Boscaini, per scelte più politiche che gestionali. Sono stato messo in quiescenza per aver raggiunto i 65 anni. Per intenderci, attualmente ci sono miei colleghi che hanno la mia età attuale e sono tuttora in carica….».

Una delusione, che si porta ancora dietro. «Ho preferito chiudere completamente, lasciandomi una finestra aperta sul mondo assicurativo: continuo a essere iscritto allo Sna e seguo l’attività del Gruppo agenti Milano (oggi Gruppo Agenti Milano Allianz, ndr) di cui sono socio benemerito. Do qualche contributo ai colleghi e al presidente Dario Piana soprattutto».

Domanda. Quanti anni ha lavorato per Milano Assicurazioni?

Risposta. Ho cominciato l’attività di agente nel 1985. La compagnia, però, era la Card che poi nel 1991 fu assorbita dalla Milano. Solo allora sono diventato a tutti gli effetti agente della Milano. Fino al 2010. Quasi 20 anni.

D. Quante cose sono cambiate da quando ha lasciato…Oggi la sua ex compagnia non esiste più….

R. Beh, direi che è cambiato tutto.

D. Piana, in una intervista rilasciata a tuttointermediari.it, ha detto chiaramente che il marchio Milano va preservato, perché rappresenta la storia. E che l’operazione di smembramento fra UnipolSai e Allianz non gli è piaciuta. Era un percorso inevitabile, secondo lei?

R. Quella di Piana è una visione un pò romantica. Tutti noi eravamo legati e affezionati a quel marchio, e anche a Fonsai, se non altro per una ragione storica: i vari Fausto Marchionni, Emanuele Erbetta (manager di Fondiaria Sai, ndr) arrivarono dopo i 5 anni terribili della gestione Gavazzi (ex amministratore delegato di Fondiaria, ndr) e li accogliemmo come liberatori e quindi ci fu un legame di riconoscenza nei confronti di questo marchio e di questa compagnia. La sottolineatura nostalgica di Piana forse risente di questa storia. Va anche detto, però, che quella che ha riguardato la famiglia Ligresti e gli altri manager successivamente è una pagina che deve essere assolutamente chiusa. Si deve guardare avanti….

D. Quale è la sua opinione sulla gestione dei manager di Fonsai?

R. Posso solo dire che noi agenti, nonostante fossimo parte integrante di questa società, non abbiamo mai avuto la percezione che ci fossero gravi irregolarità tali da portare alle conseguenze che tutti sappiamo. Sulla correttezza gestionale non mi sento di esprimere giudizi perche bisognerebbe conoscere bene le carte. Dal punto di vista umano a noi è spiaciuto vedere il tramonto di alcuni manager sui quali avevamo riposto molte aspettative e tanta fiducia fornendo come gruppo agenti anche una collaborazione ovviamente non incondizionata, ma su un piano di pari dignità. Adesso credo sia opportuno per tutti voltare pagina e guardare al futuro cercando di ottimizzare le relazioni industriali con le due nuove mandanti Allianz e UnipolSai.

D. La rete agenziale Milano è stata praticamente suddivisa in due. Secondo lei chi ha avuto più fortuna? Chi è passato in Allianz o chi è rimasto in UnipolSai?

R. A mio parere ritengo che siano più fortunati coloro che oggi ripetono il mandato Allianz, per la dimensione della compagnia, la tradizione e l’indiscussa professionalità che va riconosciuta a questa azienda che ha rilevanza internazionale. Su UnipolSai avevo riserve quando era competitor e le mantengo perché credo sia ancora lontana da quegli standard di qualità sui quali, invece, i colleghi Allianz possono contare. Le dico francamente che se fossi stato ancora un agente in carica avrei preferito che lo spinoff mi destinasse ad Allianz piuttosto che a UnipolSai.

D. Quale è il ricordo più bello che porterà sempre con sé per quanto riguarda la sua esperienza con la Milano Assicurazioni?

R. Sicuramente quello legato al momento in cui siamo riusciti nonostante tante battaglie, sofferenze, lotte ed episodi che mi hanno riguardato anche personalmente, a superare il periodo legato alla gestione Gavazzi nel 2002. Ero presente a Firenze all’assemblea degli azionisti che sancì la fine dell’era Gavazzi e le assicuro che quella sera, tornando verso casa cominciai a respirare un’aria nuova. Fu un momento esaltante perché capii di essere uscito da un buco nero.

CECCHINI Roberto 2D. Lei è stato presidente di gruppo, ma ha anche ricoperto cariche presso il Sindacato nazionale agenti. Cosa è per lei, oggi, lo Sna? (Nella foto sopra, uno dei suoi interventi durante uno dei congressi del sindacato)

R. È un sindacato diverso da quello che io operativamente ho lasciato. Ho avuto l’opportunità e la soddisfazione di aver ricoperto ruoli significativi all’interno del sindacato: sono stato presidente del comitato dei gruppi aziendali, e nel periodo di presidenza di Tristano Ghironi ero stato delegato insieme con gli allora vicepresidenti Giovanni Metti e Vincenzo Cirasola a far parte della delegazione che trattava in quegli anni con Unapass una ipotesi di unificazione. La mia vita all’interno del sindacato in quegli anni è stata sicuramente molto gratificante. Oggi lo Sna, dopo l’avvento di Claudio Demozzi, è diventato un qualcosa di diverso. A Demozzi riconosco delle grandi capacità, ha saputo coagulare attorno a sé una maggioranza che pare oggi non avere nessun competitor in grado di scalzarla. Sui metodi, sui contenuti e sui tipi di battaglie che il sindacato ha portato avanti e sta conducendo anche in questi ultimi mesi francamente non sempre sono allineato e mi trova d’accordo. L’ultimo fatto sul fondo pensione agenti mi desta fortissime perplessità. Anch’io come tanti altri agenti pensionati ho dovuto vedere decurtata la mia pensione dal Fondo in maniera significativa. Da settembre.

D. Secondo lei di chi è la colpa. Il commissario straordinario Martinetto ha fatto riferimento a chi era in carica nel 2003…

R. Può darsi che ci siano delle responsabilità di chi ha gestito tutta la vicenda. Io denuncio il fatto che per anni la gestione e i risultati del fondo, quando era presidente Lucio Modestini, venivano considerati all’interno dei comitati centrali e dei congressi come il fiore all’occhiello della categoria. Quando alcuni anni fa è emersa questa necessità di allineare il fondo a una gestione che tenesse conto di una nuova diversa impostazione io francamente sono rimasto sorpreso. Tutto mi sarei aspettato tranne che un agente in pensione si dovesse trovare nella condizione di assistere a discorsi che riguardano addirittura la sopravvivenza del Fondo.

D. Lei è stato presidente del comitato dei gruppi aziendali agenti dello Sna. Chi ha ricoperto questa carica, nel corso degli anni, ha sempre trovato difficoltà a far valere le ragioni di questo organo. Poca sinergia con il vertice del sindacato. Spesso si ha la sensazione che sia un organo inutile eppure può dare un contributo importante…

R. Sì, condivido in pieno la sua osservazione. Io ho avuto la fortuna di presiedere il comitato dei Gaa durante la presidenza Ghironi, quindi in un periodo dove grandi motivi di dissenso nelle impostazioni politiche del sindacato non ce ne erano. Ricorderà che attorno a Ghironi c’era una unanimità pressoché totale. Però nonostante questo, avvertii allora e credo che il problema si sia più accentuato, una scarsa autonomia propositiva di questo organo. Ci si ritrovava due tre volte l’anno e in quelle circostanze si ascoltava la relazione del presidente Sna ratificando le impostazioni. Raramente è capitato che il comitato esprimesse una posizione diversa e che questa venisse in qualche modo acquisita dal sindacato come una proposta politica sulla quale fare delle riflessioni. In questo senso è un organo abbastanza inutile. Francamente non ho mai avuto la percezione, sia quando lo presiedevo, sia quando partecipavo come membro, sia adesso che numericamente si è assottigliato, che il comitato abbia una funzione propositiva che possa incidere sulle politiche del sindacato. Neanche la presidenza di Tonino Rosato, che pure ha provato in qualche modo a rafforzarne la valenza, mi pare abbia portato a risultati.

D. La scissione in Sna e la nascita di Anapa. Alla fine è stata una scelta obbligata da parte di chi manifestava un certo dissenso, oppure è stato un danno?

R. Posso testimoniare in merito a quello che è accaduto nei mesi precedenti la nascita di Anapa. Io sono stato molto vicino a Vincenzo Cirasola e Alessandro Lazzaro, in una fase che mi vedeva molto critico nei confronti della gestione Demozzi, diventato nel frattempo presidente del sindacato. Le dico subito che non ho condiviso la scelta fatta da Cirasola di creare un terzo soggetto sindacale. Io ho stima per Cirasola contrariamente alle etichette a volte anche odiose che gli hanno appiccicato e cioè di essere un uomo delle Generali e di portare sul mercato degli agenti la voce delle imprese; giudizi negativi che vengono creati quando si vuole screditare qualcuno. Nonostante abbia molta stima non avrei mai determinato una scissione e non sarei mai uscito dal sindacato. Avrei continuato la mia battaglia all’interno. Abbiamo sempre detto che ogni elemento di divisione rappresentava un indebolimento per la categoria. Cirasola, in particolare, ha lavorato per unificare Sna e Unapass. Vedere che poi da lui è nata l’iniziativa di un terzo soggetto francamente mi è sembrata una contraddizione.

Roberto Cecchini - 70 anni
Cecchini festeggia il suo 70esimo compleanno

D. Beh non è stato il solo a prendere questa decisione…Anapa è nata anche per volontà di altri presidenti di gruppo…

R. Sì, questo è vero, ma in quei mesi avevamo coagulato attorno a questa corrente minoritaria un discreto numero di consenso. Poi è mancata forse la capacità di una proposta politica in congresso che spostasse determinati equilibri. Secondo me uno come Alessandro Lazzaro, per esempio, poteva avere tutti i titoli per aver un mandato e contrastare Demozzi all’interno del sindacato.

D. C’è una evidente crisi di iscritti. Oggi ha ancora senso iscriversi a una associazione di rappresentanza degli agenti indipendentemente dalla sigla?

R. Si, secondo me ha ancora un senso. Male fanno coloro che preferiscono restarsene fuori e non prendere in considerazione la necessità di aderire a una rappresentanza sindacale sia pure in un mercato e contesto di attività professionale che è fortemente marcato dall’individualità. Pensiamo a cosa sarebbe la categoria degli agenti se non ci fosse stato lo Sna negli anni. Nel passato il sindacato ha svolto e affrontato battaglie politiche, di principio e di tutela che sono risultate fondamentali per la salvaguardia della categoria.

D. Quanto è importante riaprire il dialogo con Ania?

R. Secondo me è fondamentale. Un sindacato ha motivo di esistere nel momento in cui ha la capacità di interloquire con l’omologo della rappresentanza delle imprese. Se questo viene meno mi chiedo su quale terreno un sindacato possa svolgere la propria attività.

Fabio Sgroi

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