Per l’associazione di categoria l’esito dell’indagine non ha risolto il problema alla radice. Le tariffe elevate nella Rc auto non dipendono dall’attività degli intermediari.
«Immaginare che il plurimandato sia oggi e in futuro la panacea per gli agenti significa essere stati superati dal tempo. Noi riteniamo che in futuro, proprio grazie alla delibera dell’Antitrust, gli agenti monomandatari aumenteranno e i pluri diminuiranno». È una delle conclusioni a cui è giunta l’Anapa (l’associazione nazionale agenti professionisti di assicurazione), la seconda associazione di categoria in Italiaper numero di iscritti.
«Il rischio concreto», secondo l’associazione, «è quello di assistere a una drammatica riduzione degli agenti, i cui costi di gestione non consentiranno, se non a costo d’investimenti per molti impossibili, di poter gestire una pluralità di offerta».
Per Anapa il provvedimento assunto dall’Antitrust, a conclusione dell’indagine nei confronti di otto gruppi assicurativi, impone serie riflessioni soprattutto in relazione all’impatto che avrà sul mercato e sull’Ana 2003.
L’associazione prende le distanze «dal presupposto assunto con il quale è partita l’indagine dell’Antitrust, secondo il quale in Italia sarebbe in vigore una sorta di “plurimandato obbligatorio” (vale a dire il conferimento del mandato su richiesta dell’agente), e in forza del quale l’autorità reputa che la rimozione delle restrizioni verticali rilevate sia in grado di consentire la diffusione del plurimandato tra le reti agenziali e favorire uno scenario più competitivo tra le compagnie, in particolare nel segmento della Rc auto. E non sarà certo la rimozione dell’obbligo della “preventiva comunicazione” dell’assunzione di un secondo o più mandati a far sviluppare il plurimandato e tantomeno a far diminuire le tariffe Rc auto. Peraltro, la comunicazione, prima o poi, sarebbe comunque dovuta, in forza dell’iscrizione al Fondo pensione agenti».
Anapa è convinta, inoltre, che «non saranno certo la rimozione di una clausola trilatere nel contratto di locazione dei locali agenziali, la cui abolizione è comunque positiva, o la condivisione dell’utilizzo di hardware/software di più compagnie a consentire l’ampliamento dei portafogli e/o l’incremento della redditività agenziale».
Misure, peraltro, che sembrano «essere svilite, per non dire annullate, dalla stessa giurisprudenza». Il riferimento è alla recente sentenza n. 875/2014 del Tribunale di Milano, in base alla quale «tutta la clientela che viene, così procurata, è da considerare patrimonio esclusivo dell’assicuratore per cui essa è stata procurata e, dopo la cessazione dei rapporti, l’agente non può tentare di distrarla a favore di altri assicuratori concorrenti».
In più, Anapa evidenzia il fatto che né l’Ivass, né l’Ania, abbiano alle ultime assemblee «fatto il minimo riferimento agli esiti dell’indagine, quale strumento per rendere più concorrenziale il mercato assicurativo, soprattutto nella Rc auto: di contro, hanno addotto quali fattori del decremento delle tariffe: la crisi economica e la riduzione del costo dei sinistri per i danni fisici fino al 9% di invalidità».
Per quanto riguarda, invece, l’impatto sull’Ana 2003, l’associazione di categoria sottolinea da parte dell’Antitrust la «censura di richiami, contenuti nei mandati agenziali, ai regimi di esclusiva e agli istituti dell’indennità/rivalsa (vedi punti 86 e 94 del provvedimento conclusivo). Pur non essendo oggetto della segnalazione, l’Autorità considera queste misure vincolanti e vetuste nella regolazione dei rapporti tra imprese e agenti ai fini anticoncorrenziali». Osservazioni che, sempre secondo Anapa, «non sono di poco conto visto che lo stesso presidente di Ania, nel corso dell’assemblea annuale, ha dichiarato che “appare difficile che rimangano spazi per la contrattazione collettiva di categoria a livello nazionale”. Dobbiamo constatare che la contrattazione collettiva di primo livello è stata fortemente indebolita e con essa la stessa legittimazione sindacale che deriva proprio dalla titolarità alla negoziazione sindacale di un accordo collettivo».
Il rischio, in sostanza, è che rimanga «lo spazio per la contrattazione integrativa gestita dai gruppi aziendali con il rischio tangibile che si possa scadere addirittura nella contrattazione one to one». (fs)
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