domenica 19 Ottobre 2025

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FONDO PENSIONE AGENTI: FRA DEMOZZI (SNA) E VERDONE (ANIA) SONO SCINTILLE

L’occasione di confronto si è presentata ieri, nel corso di una tavola rotonda nell’ambito di un convegno organizzato da Insurance Connect. Per Franco Ellena, responsabile della commissione distribuzione dell’Ania, «la nostra proposta non è negoziabile».
 

demozzi - verdoneIl piano di salvataggio del Fondo pensione agenti proposto dall’Ania alle rappresentanze degli agenti lunedì scorso a Roma va presa così, non è negoziabile, non si può ritoccare e non è oggetto di trattativa. Prende o lasciare. Franco Ellena, responsabile della commissione distribuzione dell’Ania è chiaro. E anche ieri, nel corso di una tavola rotonda nell’ambito di un convegno organizzato da Insurance Connect, lo ha ribadito.

«Il Fondo pensione agenti è l’unico fondo che non si è mai riformato e che oggi continua a ragionare come i sistemi pensionistici di 30 anni fa. Nessuno degli agenti propone ai clienti fondi pensione con queste caratteristiche, perché tecnicamente non stanno in piedi, hanno criteri di gestione che non sono più possibili e sono senza prospettive», ha detto Ellena. «Sul piano politico, il Fondo è figlio di un modello di relazione tra agenti e compagnie che è ormai morto, perché fa riferimento a quando l’agente era totalmente in esclusiva ed era più parasubordinato che imprenditore. Col passare degli anni ci sono state delle riforme che hanno modificato il rapporto fra compagnie e agenti. Ania sostiene che il Fondo debba continuare a esistere, ma vada modificato, passando secondo noi da un sistema a prestazione definita a uno a contribuzione definita. Non è un passaggio rivoluzionario», ha precisato Ellena, «ma è un adeguarsi alla realtà. Oggi c’è chi percepisce pensioni tecnicamente e dal punto di vista attuariale fuori dal mondo, superiori a quelle tecnicamente maturate».

Per Ellena la richiesta di trasformazione del Fondo da parte dell’Ania «nasce da questi ragionamenti tecnici». Il rappresentante dell’Ania ha poi parlato della questione economica. «Abbiamo scelto di salvare il fondo con un impegno finanziario (16 milioni di euro, ndr) che è molto criticato, ma che comunque rappresenta una prova di apertura verso la categoria, consentendo a una trattazione di secondo livello di fare eventuali integrazioni. E’ una proposta di compromesso “nobile”. E’ una soluzione che cerca di aiutare la categoria in una fase di passaggio». Poi Ellena ha avvertito tutti: «Questa è la nostra proposta e non abbiamo alcuna intenzione di contrattare. L’abbiamo presentata al Fondo. Sarà poi lo stesso Fondo che farà le sue valutazioni».

«L’analisi tecnica dei Ellena è lucidissima e dal punto di vista teorico, in parte, è anche condivisibile», ha riconosciuto Claudio Demozzi (nella foto in alto a sinistra), presidente del Sindacato nazionale agenti, «soprattutto se pensiamo a una categoria di imprenditori che deve smarcarsi dal passato. Il problema, semmai, è ancora una volta la modalità: stiamo parlando di un confronto, oppure no? Mi pare che un’offerta comunicata con una lettera consegnata a mano non sia un confronto, ma una notifica», ha sottolineato Demozzi, riferendosi a quanto avvenuto lunedì scorso a Roma.

A questo punto è intervenuto Vittorio Verdone (nella foto in alto a destra), direttore centrale auto, distribuzione e consumatori dell’Ania, specificando che «ci sono delle procedure precise ed esistono delle norme. Il Fondo è un organismo autonomo che risponde a un organo di vigilanza, che deve sapere se si raggiunge un accordo tra le parti sociali. Quindi quella di Ania non è né strategia, né tattica. È un atto di responsabilità: le imprese hanno comunicato le condizioni a cui sottopongono un piano di risanamento. Voi (riferendosi a Demozzi, e quindi allo Sna, ndr) siete dei maestri di dietrologia».

«Prendo atto delle procedure», ha risposto Demozzi, «ma è giusto sapere e informare che l’offerta dell’Ania non è frutto della contrattazione di confronto e di relazioni industriali». Il presidente dello Sna ha poi aggiunto: «Non critico soltanto le modalità, ma anche i contenuti: i pensionati che ricevono la pensione sono 11 mila e non me la sento di rottamarli. Si tratta peraltro di agenti che percepiscono una pensione di circa 4.000-5.000 euro, una cifra ben al di sotto addirittura della pensione sociale. Il fondo deve pertanto sopravvivere anche per garantire un futuro agli agenti in attività che sono circa 15.000. Umanamente non me la sento di fare un cambio generazionale all’indietro e di rottamare i pensionati. Le risorse ci sono, è un mercato, quello assicurativo, che ha un Roe unico quasi al 10% secondo i dati Ania e gli utili registrati dalle compagnie sono miliardari. È la volontà politica oggi che non c’è. Per lo Sna esistono altre soluzioni. Noi siamo pronti a sacrificarci le nostre prestazioni future, ma non costringeteci a rottamare i nostri pensionati».

«Sono discorsi retorici», ha replicato Verdone. «Non confondiamo le cose, non paragoniamo le pensioni integrative con quelle sociali. Come si fa a parlare di rottamazione di fronte a pensioni di 5.000 euro, peraltro aggiuntive a quelle di base? Noi siamo disposti a salvare tutte le pensioni. E poi stiamo parlando di una riduzione del 40%…..». «Non direi», ha ribattuto Demozzi, «perché in base alle tabelle proiettate e approvate all’unaminità dal Cda del Fondo, composto pariteticamente da tre rappresentanti Sna e tre dell’Ania, si arriva a una riduzione del 70%. Le ipotesi di salvataggio sono state approvate all’unanimità e una di queste è stata effettuata sulla base del mantenimento dell’attuale sistema a rendita certa differita. Quindi non è vero che tecnicamente il Fondo non tiene. I 16 milioni di Ania sono una elemosina».

Insomma, le parti restano lontanissime. Difficilmente si arriverà a una soluzione condivisa.

Fabio Sgroi

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