L’amministratore delegato del Gruppo Unipol e di UnipolSai boccia in toto il Fonage e spinge per «innovare anche il tema del welfare degli agenti…».
«Il Fondo pensione agenti di assicurazione? È un carrozzone nazionale che non ha senso…». Il Carlo Cimbri-pensiero, su questo argomento, non lascia adito a dubbi.
Secondo l’amministratore delegato del Gruppo Unipol e di UnipolSai, intervenuto al recente congresso dei gruppi agenti la Fondiaria e Magap, la questione è molto chiara: «Stiamo parlando di un carrozzone nazionale e come tale alla fine finisce con il fallire», ha precisato Cimbri (nella foto), che poi è entrato nello specifico: «Sarà per come è stato gestito, sarà per la poca lungimiranza di chi non ha voluto vedere il mondo che cambiava, con una base contributiva che si abbassava e con la promessa di continuare a promettere prestazioni che non sarebbe stato possibile mantenere nel tempo, alla fine ci siamo trovati davanti a una situazione simile a quelli che appunto definisco carrozzoni nazionali. E non è mica il primo che fa questa fine…».
Quale soluzione, allora? «Noi abbiamo chiesto che fosse tolto qualsiasi riferimento a penalizzazioni per gli agenti del fondo nazionale a disporre delle proprie posizioni pensionistiche in maniera totalmente libera e autonoma».
Cimbri ha poi reso diciamo così “ufficiale” una voce che circolava da tempo. Una voce in base alla quale Unipol avrebbe spinto per creare qualcosa “dentro casa”. Via le voci, via i condizionali. Adesso c’è l’ufficialità.
«Le altre compagnie facciano ciò che vogliono», ha detto Cimbri, «ma un grande gruppo come è il nostro credo che sul tema del welfare dei propri agenti debba interrogarsi. C’è il welfare dei dipendenti e allora per quale ragione per gli agenti il discorso debba essere per forza in chiave nazionale e non legato al mondo della compagnia? Non può essere un problema, questo, per una compagnia che già di mestiere si occupa di queste cose per altri soggetti sul mercato. Credo che la nostra innovazione debba riguardare anche questo punto…».
Fabio Sgroi
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